Page 25 - Vita di san'Agostino
P. 25
sono, desiderano trasferirsi in luoghi fortificati, ma che non si dovevano spezzare i le-
gami del nostro ministero, con i quali ci ha legati l’amore di Cristo, sì che non dovevamo
abbandonare le chiese, alle quali dobbiamo prestare servizio.
30. 5. Ecco come scrissi in quella lettera: “ Poiché il nostro ministero è così ne-
cessario al popolo di Dio che esso non deve rimanerne privo, nel caso che una parte anche
piccola di esso rimanga dove siamo noi, a noi non resta che dire al Signore: Sia Dio il
nostro protettore e la nostra difesa (Sal. 30, 3) ”.
30. 6. Ma questo consiglio non ti soddisfa, se - come scrivi - tu temi di operare in
contrasto col comando del Signore che ci dice che bisogna fuggire di città in città; ri-
cordiamo infatti le sue parole: Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra
(Mt. 10, 23).
30. 7. Ma chi può credere che con questo consiglio il Signore abbia inteso che re-
stasse privo del necessario servizio, senza il quale non può vivere, il gregge che egli si è
acquistato col suo sangue?
30. 8. Non ha fatto così egli stesso quando ancor fanciullo, portato dai genitori,
fuggì in Egitto? Ma egli non aveva ancora radunato chiese che noi possiamo dire essere
state da lui abbandonate.
30. 9. Che forse l’apostolo Paolo non fu calato attraverso una finestra in una cesta,
per non essere preso dal nemico, e così riuscì a sfuggirgli? Ma rimase forse priva del
necessario servizio la chiesa che stava lì e non fu fatto quanto era necessario dai fratelli
che lì rimanevano? Infatti l’Apostolo agì così proprio perché lo volevano i fratelli, per
conservare alla chiesa se stesso, che il persecutore cercava specificamente.
30. 10. Perciò i servi di Cristo, ministri della sua parola e del suo sacramento, a-
giscano come egli ha comandato o permesso. Fuggano senz’altro di città in città, quando
qualcuno di loro è cercato nominativamente dai persecutori, in maniera tale che la chiesa
non sia abbandonata dagli altri che non sono ricercati allo stesso modo, ma questi
somministrino nutrimento ai loro conservi, che essi sanno non poter vivere altrimenti.
30. 11. Ma quando il pericolo è comune per tutti, vescovi chierici e laici, coloro che
hanno bisogno degli altri non siano abbandonati da quelli di cui essi hanno bisogno.
Perciò o si trasferiscano tutti insieme in luoghi fortificati, ovvero coloro che debbono
necessariamente rimanere non siano abbandonati da coloro che debbono loro fornire
quanto è necessario alla vita religiosa: sopravvivano allo stesso modo o patiscano allo
stesso modo ciò che il Padre di famiglia avrà voluto ch’essi patiscano.
30. 12. Se poi alcuni soffrono di più e altri meno, ovvero tutti allo stesso modo,
sempre si potrà vedere chi sono coloro che soffrono per gli altri, quelli cioè che, pur
potendosi sottrarre con la fuga a questi mali, hanno preferito restare per non abbandonare
gli altri nelle necessità. In tal modo si dà soprattutto prova di quell’amore che l’apostolo
Giovanni raccomanda con queste parole: Come Cristo ha dato per noi la sua vita, così
anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (1 Gv. 3, 16).
30. 13. Infatti coloro che fuggono ovvero non possono fuggire perché impediti da
qualche loro necessità, se sono presi e soffrono, soffrono per sé stessi, non per i loro
fratelli. Invece coloro che soffrono perché non hanno voluto abbandonare i fratelli che
avevano bisogno di loro per la salvezza in Cristo, questi senza dubbio danno la loro vita
per i fratelli.
30. 14. Quanto poi alle parole che abbiamo udito da un vescovo: “Se il Signore ci
ha comandato di fuggire in quelle persecuzioni in cui si può ottenere il frutto del martirio,
non dobbiamo tanto più fuggire i patimenti che non danno frutto, quando c’è
POSSIDIO - Vita di sant’Agostino pag. 23 di 29