Page 27 - Vita di san'Agostino
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turare proprio lui e la comunità cattolica che rimaneva ad Alessandria non veniva ab-
bandonata dagli altri ministri.
30. 23. Ma quando il popolo resta e invece fuggono i ministri e finisce il servizio,
che cosa sarà quest’azione se non la riprovevole fuga dei mercenari, che non si danno
cura delle pecore? Infatti verrà il lupo, non un uomo ma il diavolo, che spesso ha persuaso
ad apostatare i fedeli cui mancava la quotidiana amministrazione del corpo del Signore.
Così, a causa non della tua scienza ma della tua ignoranza, fratello, perirà il debole per il
quale è morto Cristo.
30. 24. Per quanto poi riguarda coloro che in tale distretta non sono tratti in fallo
dall’errore ma sono vinti dalla paura, perché piuttosto essi, con l’aiuto del Signore mi-
sericordioso, non combattono coraggiosamente contro il loro timore? Così eviteranno
che tocchino loro mali incomparabilmente più gravi, che perciò sono molto più da te-
mere.
30. 25. Ciò avviene dove arde l’amore di Dio e la cupidigia del mondo non esala il
suo fumo. Dice infatti l’amore: Chi è debole ed io non son debole? Chi viene scanda-
lizzato ed io non brucio? (2 Cor. 11, 29). Ma l’amore viene da Dio: preghiamo che ci sia
concesso da colui da cui viene comandato. Perciò temiamo che le pecore di Cristo siano
colpite nell’animo dalla spada dello spirito del male più che siano uccise dal ferro nel
corpo, che - quando che sia e come che sia - dovrà morire.
30. 26. Temiamo che, corrotto il senso interiore, venga meno la purezza della fede,
più che le donne vengano violentate nella carne: infatti la pudicizia non viene violentata
dalla violenza, se si conserva nell’anima, perché neppure la carne è violentata se la vo-
lontà di chi subisce non gode turpemente della sua carne, ma senza acconsentire sopporta
ciò che fa un altro.
30. 27. Temiamo che, a causa del nostro abbandono, si estinguano le pietre vive,
più che alla nostra presenza vengano incendiate le pietre e la legna degli edifici materiali.
Temiamo che, prive dell’alimento spirituale, siano uccise le membra del corpo di Cristo,
più che le membra del nostro corpo siano oppresse e tormentate dall’aggressione del
nemico.
30. 28. Non perché questi malanni non debbano essere evitati, quando è possibile:
ma perché debbono piuttosto essere sopportati, quando non possono essere evitati senza
empietà. A meno che uno non voglia sostenere che non è empio il ministro, che sottrae il
servizio necessario. alla pietà proprio allora quando è più necessario.
30. 29. O forse, quando si arriva a questo estremo pericolo e non c’è possibilità
alcuna di fuggire, non pensiamo quanta gente di ogni sesso e di ogni età si rifugia in
chiesa: alcuni che chiedono il battesimo, altri la riconciliazione, altri anche l’azione pe-
nitenziale, e tutti conforto e celebrazione e distribuzione dei sacramenti?
30. 30. E se qui mancano i ministri, quanta rovina colpisce coloro che escono da
questa vita o non rigenerati o non assolti? Quanto sarà il dolore dei fedeli per i loro cari
che non potranno insieme con loro godere il riposo della vita eterna? Quanto infine il
pianto di tutti, e quante bestemmie da parte di alcuni, per l’assenza del servizio e dei
ministri?
30. 31. Osserva quali effetti produca la paura dei mali temporali e quanto facil-
mente essa sia causa di mali eterni. Se invece ci sono i ministri, si viene incontro alle
necessità di tutti secondo le capacità che Dio concede: alcuni sono battezzati, altri ri-
conciliati, nessuno è privato della comunione col corpo del Signore, tutti sono consolati
edificati esortati a pregare Dio, il quale può tener lontani tutti i mali che uno teme: tutti
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