Page 29 - Vita di san'Agostino
P. 29
30. 40. Per coloro infatti che temiamo periscano per il nostro abbandono, noi te-
miamo non la morte temporale, che quando che sia sopravverrà, ma la morte eterna, che
può venire, se uno non sta attento, ma può anche non venire, se uno sta attento.
30. 41. Nel comune pericolo di questa vita perché dobbiamo credere che, dovunque
ci sarà un’incursione di nemici, lì moriranno tutti i chierici e non anche tutti i laici, sì che
finiscano di vivere insieme anche coloro cui i chierici son necessari? Ovvero, perché non
dobbiamo sperare che alla pari di alcuni laici resteranno in vita anche alcuni chierici, che
potranno amministrare a quelli il necessario servizio?
30. 42. Eppure, volesse il cielo che fra i ministri di Dio ci fosse gara per chi di loro
debbano rimanere e chi di loro debbano fuggire, perché la chiesa non resti deserta o per la
fuga di tutti o per la morte di tutti! Certo tale gara ci sarà fra loro se tutti ardono di amore
e tutti sono graditi all’Amore.
30. 43. Che se questa contesa non potrà esser risolta in altro modo, io credo che
coloro che debbono restare e coloro che possono fuggire vadano estratti a sorte. Infatti
coloro i quali diranno che essi preferiscono fuggire o sembreranno pavidi, perché non
hanno voluto sopportare la sciagura incombente, o presuntuosi, perché hanno giudicato
sé stessi più necessari, sì da dover esser salvati.
30. 44. D’altra parte, forse proprio i migliori sceglierebbero di dare la vita per i
fratelli, e così con la fuga si salverebbero quelli la cui vita è meno utile, perché minore è
la loro abilità nel consigliare e nel dirigere. Proprio questi ultimi, se sapessero ragionare
piamente, si dovrebbero opporre a coloro che sarebbe opportuno restassero in vita e che
invece preferiscono morire piuttosto che fuggire.
30. 45. Perciò, com’è scritto, il sorteggio mette fine alle contestazioni e decide fra i
potenti (Prov. 18, 18). È meglio infatti che in tali incertezze decida Dio piuttosto che gli
uomini, sia che voglia chiamare al frutto del martirio i migliori e risparmiare i deboli, sia
che voglia rendere costoro più forti per sopportare i mali e sottrarli a questa vita, perché la
loro vita non può essere utile alla chiesa quanto la vita di quelli. Certo si metterà in opera
un mezzo poco usato, se si farà questo sorteggio: ma se si farà così, chi oserà biasimarlo?
Chi non lo loderà adeguatamente, a meno che non sia inetto o invidioso?
30. 46. Se poi non si vuol fare una cosa di cui non c’è esempio, nessuno con la sua
fuga deve privare la chiesa del servizio necessario e dovuto soprattutto in così grandi
pericoli. Nessuno consideri tanto se stesso quasi che eccella per qualche grazia, e dica di
esser più degno della vita e perciò della fuga. Chi infatti la pensa così ama troppo se
stesso; e chi lo dice pure, risulta odioso a tutti.
30. 47. Alcuni poi ritengono che vescovi e chierici, non fuggendo in tali pericoli ma
rimanendo dove sono, inducano in inganno i fedeli: questi infatti non fuggono perché
vedono che restano i loro capi.
30. 48. Ma è facile evitare tale rimprovero e l’odiosità che ne potrebbe risultare,
parlando ai fedeli in questo modo: “ Non vi tragga in inganno il fatto che noi non fug-
giamo di qui. Infatti rimaniamo qui non per noi ma proprio per voi, per non mancare di
amministrarvi ciò che sappiamo essere necessario alla vostra salvezza, ch’è in Cristo.
Anzi, se vorrete fuggire, liberate anche noi da questi vincoli che ci legano qui ”.
30. 49. Ritengo che così si debba parlare, quando sembra veramente utile trasferirsi
in luoghi più sicuri. Può accadere che, udite queste parole, qualcuno dica: “Siamo nelle
mani di colui, la cui ira nessuno sfugge, dovunque vada, e la cui misericordia può trovare,
dovunque sia”, e non vuole andare, sia perché impedito da certe necessità sia perché non
vuole affaticarsi a cercare un incerto rifugio non per metter fine ai pericoli ma solo per
POSSIDIO - Vita di sant’Agostino pag. 27 di 29