Page 16 - Vita di Martino
P. 16
eccezionale che la fermezza d’un vescovo non si sia lasciata indurre
all’adulazione d’un principe. Essendo convenuti da diverse parti del mondo
numerosi vescovi presso l’imperatore Massimo, uomo d’indole feroce ed
esaltato dalla vittoria nelle guerre civili, mentre intorno al principe si notava
una vergognosa adulazione da parte di tutti e con degenere debolezza la
dignità sacerdotale si era abbassata alla condizione di clientela del sovrano, –
unicamente in Martino sussisteva ancora l’autorità degli Apostoli. 2. Infatti,
anche se dovette rivolgere suppliche al sovrano in favore di alcune persone, egli
esigeva piuttosto che pregare, e malgrado le insistenti richieste si astenne dalla
sua mensa, dichiarando di non poter sedersi alla tavola di chi aveva tolto a un
imperatore la sovranità, all’altro la vita. 3. Finalmente, Massimo affermò che
non a suo arbitrio aveva assunto il potere imperiale, ma che aveva difeso con le
armi un potere sovrano impostogli dai soldati per ordine divino, e la volontà di
Dio non poteva essere ostile a un uomo tra le cui mani s’era compiuta una
vittoria così incredibile, e nessuno degli avversari era caduto se non sul campo
di battaglia; allora Martino, vinto dalle ragioni o dalle preghiere, venne al
banchetto, mentre il sovrano si compiaceva mirabilmente d’aver ottenuto ciò. 4.
Erano presenti come invitati, quasi convocati per un giorno di gala, sommi e
illustri uomini, il prefetto e console Evodio – uomo di cui nessuno vi fu mai più
giusto –, due conti investiti del più alto potere, il fratello del sovrano e suo zio.
Il prete che accompagnava Martino era adagiato fra loro, ed egli poi s’era assiso
in uno scranno disposto accanto al sovrano. 5. Verso la metà del banchetto,
com’è uso, un servitore presentò una larga coppa al sovrano. Questi ordinò che
fosse offerta piuttosto al santissimo vescovo, nell’aspettazione e ambizione di
ricevere la coppa dalle sue mani. 6. Ma Martino, come bevve, consegnò la coppa
al suo prete, di certo stimando che nessuno fosse più degno di bere per primo
dopo di lui, e che non sarebbe stato giusto da parte sua, se avesse anteposto al
suo prete il sovrano stesso o i personaggi più vicini al sovrano. 7. L’imperatore
e tutti quelli che assistevano rimasero così ammirati da quel gesto, che di esso,
da cui pure erano stati scherniti, si compiacquero. E per tutto il palazzo corse il
detto, pieno d’ammirazione, che Martino aveva fatto in un pranzo del sovrano,
ciò che nessuno dei vescovi aveva fatto nei banchetti dei più modesti
funzionari. 8. Al medesimo Massimo, Martino predisse con grande anticipo che,
se si fosse recato in Italia, dove desiderava andare per portar guerra
all’imperatore Valentiniano, doveva sapere che sarebbe stato vincitore all’inizio
dell’offensiva, ma dopo breve tempo sarebbe morto. 9. E ciò abbiamo visto
avverarsi. Infatti, appena egli arrivò, Valentiniano fu scacciato in fuga; ma in
seguito, trascorso quasi un anno e ricomposte le sue forze, catturò Massimo
entro le mura di Aquileia e lo uccise.
21,1. È certo che a Martino apparvero sovente anche degli angeli, così da
parlare e da intrecciare vicendevoli discorsi con lui. Quanto al diavolo, lo aveva
così in vista e quasi sotto i suoi occhi, da riconoscerlo sotto qualsivoglia
apparenza, sia che si contenesse nella sua propria natura, sia che si trasferisse