Page 20 - Vita di Martino
P. 20
per incontrarlo. 3. Miserevole come io sono – oso appena confessarlo –,
quand’egli si degnò di farmi partecipe del suo santo pasto, lui stesso asperse
d’acqua le nostre mani. La sera fu lui a lavare i nostri piedi, e non avemmo il
coraggio di opporci o di contrastare la sua volontà: la sua autorità così mi
sovrastava, che ritenevo un sacrilegio se non avessi acconsentito. 4. Il suo
discorso con noi trattò solo sul dover tralasciare le attrazioni e i fardelli del
mondo, per seguire il Signore Gesù in piena libertà e distacco; ci proponeva
come il più eminente esempio della nostra epoca quello di Paolino, l’illustre
personaggio di cui abbiamo fatto più sopra menzione, il quale aveva
abbandonato i suoi immensi beni per seguire Cristo, e aveva così, pressoché
unico in questi tempi, compiutamente messo in atto i precetti evangelici. 5. Lui
dovevamo servire, quello proclamava modello da imitare; ed era beato il tempo
presente d’una così grande lezione di fede e di virtù, poiché, secondo la parola
del Signore, quel ricco che possedeva molti beni, con il vendere tutto e con il
donare ai poveri, aveva reso possibile con il suo esempio ciò ch’era impossibile
a farsi. 6. E poi, nelle sue parole e nella sua conversazione, quanta gravità,
quanta dignità! Di quale ardore e forza intellettuale, di quale prontezza e facilità
dava prova nel risolvere le difficoltà delle Scritture! 7. E poiché so che molti
sono increduli al riguardo – infatti li ho visti non prestar fede mentre ero io
stesso a farne loro ragguaglio –, chiamo a testimoni Gesù e la nostra comune
speranza, che non ho mai udite sulle labbra di alcuno tanta scienza, tanto
ingegno, tanta bontà e purezza di discorso. 8. Sebbene nel trattare delle virtù di
Martino quant’è minuscolo tale elogio! In ogni caso, è straordinario che a un
uomo illetterato non sia mancata neanche questa grazia.
26,1. Ma già il mio libro richiede la fine, il discorso deve essere concluso, non
già perché sia esaurito quanto bisognava dire su Martino, ma perché noi, come
quei maldestri poeti incapaci di concludere decentemente la loro opera,
soccombiamo, vinti dalla mole del nostro soggetto. 2. Infatti, anche se è vero che
le sue gesta ebbero la forza in qualche modo essere espresse con parole, la sua
vita interiore e la ascetica condotta quotidiana, e l’anima sempre tesa al cielo,
nessuna mai disquisizione – lo confesso in tutta verità – non riuscirà a
esprimerli. Quella perseveranza, intendo dire, quella giusta misura
nell’astinenza e nei digiuni, quella capacità di vegliare e di pregare, quelle notti
trascorse nello stesso modo dei giorni, nessun minuto in cui non fosse intento al
lavoro di Dio, in cui indulgesse al riposo o all’attività, così come al cibo o al
sonno, se non per quel tanto che richiedono le esigenze della natura. 3. Io
attesterò ancora che neanche se lo stesso Omero emergesse, come dicono, dal
fondo degli inferi, potrebbe esporre tutto ciò, tant’è vero che ogni merito in
Martino è troppo grande, perché possa venir formulato con parole. Mai in
nessuna ora passò un attimo in cui non s’impegnasse nella preghiera o non
s’applicasse alla lettura delle Sacre Scritture, quantunque anche nel leggere, o in
quale altra cosa mai facesse, non allentava mai l’anima dalla preghiera. 4. Nulla
di straordinario in ciò: com’è costume dei fabbri ferrai, che nell’intervallo del