Page 14 - Vita di Martino
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malattia e, ciò che è più crudele della morte, vive solo per un soffio, mentre la
                  sua carne è già morta. Ti prego di visitarla e di benedirla: confido infatti che per
                  tua intercessione riacquisterà la salute». 5. Martino rimase come stupefatto da
                  quella  voce  sconvolta,  e  tentò  di  schermirsi  dicendo  che  ciò  non  era  in  suo
                  potere,  e  che  il  vecchio  errava  nel  giudizio,  ed  egli  non  era  degno  che  Dio
                  manifestasse  per  suo  mezzo  un  segno  della  propria  potenza.  Insisteva  con
                  maggior veemenza, in lacrime, il padre, e implorava che visitasse la moribonda.
                  6. Infine, spinto ad andare dai vescovi che l’attorniavano, discese alla casa della
                  fanciulla. Un’enorme turba era fuori della porta, aspettando che cosa avrebbe
                  fatto il servo di Dio. 7. Ed egli, per cominciare, ricorrendo alle armi che gli erano
                  familiari  in  situazioni  di  tal  genere,  si  prostrò  al  suolo  in  preghiera.  Poi,
                  esaminando l’ammalata, chiede che gli si dia dell’olio. E dopo averlo benedetto,
                  versa il potere del santo liquido nella bocca della fanciulla, e subito le fu resa la
                  voce. 8. Poi a poco a poco, al suo contatto, le singole membra cominciarono a
                  riprendere vita, finché a piè fermo si alzò al cospetto del popolo.


                     17,1.  Nella  medesima  epoca  uno  schiavo  d’un  tal  Tetradio,  personaggio  di
                  rango  proconsolare,  posseduto  dal  demonio,  era  torturato  da  sofferenze
                  mortali.  Martino,  pregato  dunque  d’imporgli  la  mano,  ordinò  che  glielo
                  conducessero,  ma  il malvagio  spirito  in  nessun  modo  poté  essere  tratto  fuori
                  dalla  cella  in  cui  era,  a  tal  punto  con  denti  rabbiosi  s’avventava  su  quanti
                  arrivassero.  2.  Allora  Tetradio  si  precipitò  alle  ginocchia  del  santo,  affinché
                  discendesse alla casa dove l’indemoniato era trattenuto. Ma Martino dichiarò di
                  non poter recarsi nella casa d’un incredulo e d’un pagano. 3. Infatti Tetradio, in
                  quel  tempo,  era  ancora  intrigato  e  imprigionato  dall’errore  del  paganesimo.
                  Dunque  promise  che,  se  il  demonio  fosse  stato  scacciato  dal  suo  giovane
                  schiavo, si sarebbe fatto cristiano. 4. Così Martino, imposta la mano al giovane,
                  espulse  da lui lo  spirito immondo.  A tale vista, Tetradio  credette nel Signore
                  Gesù,  e  subito  diventò  catecumeno,  e  poco  dopo  fu  battezzato  e  sempre  con
                  mirabile  affetto  venerò  Martino  quale  autore  della  sua  salvezza.  5.  In  quei
                  medesimi tempi, nella medesima città, entrato nella casa d’un padre di famiglia,
                  s’arrestò proprio sulla soglia, dicendo di vedere nell’atrio della casa un orrendo
                  demonio. Come gli ordinò di sloggiare, quello s’apprese al cuoco del padrone di
                  casa, che si trovava nella parte interna della dimora. Lo sventurato cominciò a
                  infuriare  coi  denti,  e  a  tentar  di  dilaniare  chiunque  gli  venisse  incontro.
                  Sconvolta la casa, panico tra gli schiavi, messi in fuga gli spettatori all’esterno.
                  6.  Martino  si  lanciò  davanti  all’indemoniato  e  per  cominciare  gli  intimò  di
                  arrestarsi. Ma poiché quello digrignava i denti e minacciava di mordere con le
                  fauci spalancate, Martino gli infilò le dita nella bocca e disse: «Se hai qualche
                  potere,  divorale».  7.  Ma  allora,  come  se  avesse  ricevuto  nella  bocca  un  ferro
                  arroventato, scostati i denti lontano dalle dita del santo, si guardava bene dal
                  toccarle;  e  il  demonio,  costretto  a  fuggire  con  pene  e  tormenti  dal  corpo  che
                  possedeva,  e  poiché  tuttavia  non  gli  era  lecito  uscire  attraverso  la  bocca,
                  lasciando sozze tracce fu evacuato con un flusso del ventre.
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