Page 10 - Vita di Martino
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causa dei tuoi nemici, perché tu distrugga il nemico e il difensore» (Sal 8,3). Alla
                  lettura  di  queste  parole,  si  levò  un  clamore  del  popolo,  e  la  parte  che  si
                  opponeva fu confusa. 7. Si ritenne che questo salmo fosse stato letto per volontà
                  divina, così che udisse tale testimonianza sulle sue opere Difensore, il quale per
                  bocca d’infanti e di lattanti, mentre il Signore rendeva gloria a se stesso nella
                  persona di Martino, era stato designato e parimenti distrutto come nemico.


                    10,1.  Ed  ora,  di  qual  condotta  e  valore  si  sia  mostrato  dopo  avere  assunto
                  l’episcopato,  non  è  nelle  nostre  facoltà  esporre  compiutamente.  Perseverava
                  infatti con assoluta fermezza a esser l’uomo che s’era mostrato in precedenza. 2.
                  La medesima umiltà nel suo cuore, la medesima povertà nel suo abito; e così,
                  pieno d’autorità e di grazia, compiva il suo ufficio episcopale, tuttavia in modo
                  da non tralasciare la condotta e le virtù monastiche. 3. Per molto tempo abitò
                  dunque in una piccola cella addossata alla chiesa; poi, non potendo sopportare
                  la fastidiosa inquietudine per tutti coloro che gli facevano visita, si stabilì in una
                  cella  d’eremita  a  circa  due  miglia  fuori  della  città.  4.  Questo  luogo  era  così
                  appartato e remoto, da non invidiar nulla alla solitudine d’un deserto. Da una
                  parte era infatti costeggiato dallo strapiombo rupestre d’un alto monte, il corso
                  del fiume Loira con una sua breve rientranza precludeva il resto del terreno; vi
                  si poteva accedere per una sola via, per di più oltremodo scomoda. Egli stesso
                  aveva una piccola cella fatta di legni. 5. Molti fratelli erano alloggiati allo stesso
                  modo;  i  più  s’erano  fatto  un  ricettacolo  nella  roccia  scavata  del  monte
                  soprastante.  Erano  quasi  ottanta  discepoli,  che  venivano  formati  sull’esempio
                  del beato maestro. 6. Nessuno possedeva lì alcunché di proprio, tutto era messo
                  in comune. Non era lecito comprare o vendere nulla com’è abitudine di molti
                  monaci; nessun’arte era esercitata, eccettuato il lavoro dei copisti, di cui erano
                  tuttavia  incaricati  i  più  giovani;  gli  anziani  erano  esclusivamente  dediti  alla
                  preghiera. 7. Raro a ciascuno l’uscire dalla cella, tranne che per recarsi al luogo
                  di raduno per la preghiera. Prendevano cibo tutti insieme, passato il tempo del
                  digiuno.  Nessuno  toccava  vino,  a  meno  che  l’infermità  non  l’obbligasse.  8.
                  Moltissimi vestivano di pelo di cammello: un abito troppo fine era ritenuto una
                  colpa grave. E questo tanto più bisogna considerare mirabile, in quanto molti
                  fra loro, si diceva, erano nobili, i quali educati in modo assai diverso, si erano
                  assoggettati  a  questa  vita  di  umiltà  e  di  ascesi;  molti  di  loro  in  seguito  li
                  abbiamo veduti vescovi. 9. Infatti quale città o chiesa non avrebbe desiderato
                  per sé un sacerdote uscito dal monastero di Martino?



                    11,1.  Ma  per  cominciare  a  parlare  degli  altri  miracoli,  di  cui  dette  prova
                  durante il suo episcopato: non lontano dal borgo, assai vicino all’eremo, c’era
                  un luogo che la falsa credenza popolare aveva consacrato come fosse un luogo
                  dove i martiri giacevano sepolti. 2. Infatti v’era anche un altare che si riteneva
                  collocato  lì  dai  vescovi  precedenti.  Ma  Martino  non  prestando  fede  in  modo
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