Page 33 - Vita di Antonio
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Dal Salvatore aveva avuto anche questo dono: se vi era uno dei tanti monaci che
                  voleva vederlo perché non l’aveva conosciuto prima, ebbene, questo monaco,
                  subito, trascurando gli altri, si precipitava da lui, attratto dalla sua personalità.
                  Si distingueva dagli altri non per la statura o per la robustezza, ma per la serietà
                  dei costumi e per la purezza dell’anima. Essendo serena la sua anima, anche il
                  suo  aspetto  esteriore  era  privo  di  turbamenti;  come  la  gioia  e  la  letizia
                  testimoniavano il suo stato d’animo, così i movimenti del corpo rivelavano la
                  sua interiorità, proprio secondo le Scritture: «Un cuore lieto rende ilare il volto,
                  ma, quando il cuore è triste, lo spirito è depresso» (Pro 15,13). Così Giacobbe
                  capì che Labano tramava insidie e disse alle donne: «Io mi accorgo dal volto di
                  vostro  padre  che  egli  verso  di  me  non  è  più  come  prima»  (Gn  31,5).  Così
                  Samuele riconobbe Davide (1Sam 16,12): aveva gli occhi pieni di grazia e i denti
                  bianchi  come  il  latte.  Allo  stesso  modo  si  riconosceva  Antonio:  non  era  mai
                  turbato, il suo animo era sempre sereno, la sua mente sempre gioiosa.


                  68. Era degno di ammirazione per il grado di fede e di pietà. Non volle, infatti,
                  mai  avere  rapporti  con  i  meleziani  scismatici  perché  sapeva  bene,  fin  da
                  principio, della loro malvagità e della loro apostasia. Non parlò mai nemmeno
                  con i manichei o con altri eretici se non per ammonirli in modo che, cambiata
                  idea,  tornassero  alla  vera  fede.  Era  convinto  che  la  loro  amicizia,  le  loro
                  conversazioni,  fossero  un  danno  per  l’anima;  in  tal  senso  ammoniva  gli  altri.
                  Detestava anche gli ariani; a tutti consigliava di non avvicinarli e di non seguire
                  la loro fede perversa. Una volta alcuni ariani giunsero da lui; dopo essersi reso
                  conto della loro empietà, li cacciò subito dal monte, dicendo che i loro discorsi
                  erano peggiori del veleno dei serpenti.


                  69. Una volta gli ariani, mentendo, dissero che Antonio la pensava come loro.
                  Egli si indignò e si adirò con loro. Invitato dai vescovi e da tutti i confratelli,
                  scese dal monte e,  entrato in Alessandria, condannò  gli ariani dicendo  che la
                  loro  eresia  era  l’ultima  e  che  essa  preannunciava  l’Anticristo.  Insegnava  al
                  popolo che il Figlio di Dio non era una creatura, né era stato creato dal nulla,
                  ma era il Verbo eterno e la Sapienza, della stessa sostanza del Padre. Per questo
                  è empio dire che ci fu un tempo in cui il Verbo non esisteva. Il Verbo è sempre
                  esistito  insieme  col  Padre.  Diceva  Antonio:  «Non  abbiate  dunque  alcun  rap-
                  porto con gli empi ariani perché “non c’è alcun rapporto tra la luce e le tenebre”
                  (2Cor 6,14). Voi siete dei pii cristiani. Essi invece, dicendo che il Verbo, il Figlio
                  del  Padre,  è  una  creatura,  in  nulla  differiscono  dai  pagani  che  venerano  a
                  creatura al posto di Dio che l’ha creata. Credete, pure che tutta la reazione si
                  adira  contro  di  loro  perché  annoverano  fra  le  creature  il  Creatore  e  Signore
                  dell’universo dal quale tutte le cose sono state fatte».


                  70.  Tutto  il  popolo  gioiva  nell’udire  che  un  uomo  come  lui  pronunciava
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