Page 90 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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ragione,  è  divenuto  come loro  Il  Signore può, con la sua grazia, aiutarci  a compiere
                  sempre la sua volontà, ad osservare i suoi comandamenti e ottenere i suoi beni eterni».

                  187. Dopo che il nostro padre Teodoro ebbe così parlato, un fratello anziano replicò
                  dicendo:  «Santo  padre,  perché,  quando  mi  si  rivolgono  parole  dure,  mi  offendo
                  subito?». Egli rispose: «Non c’è da stupirsi. Anche quando si vibra un colpo di ascia
                  contro  un  albero  di  acacia,  subito  questo  emette  della  gomma».  I  fratelli  allora
                  replicarono: «Che significa questa parola?». Egli disse: «Immaginiamo che l’uomo di
                  Dio sia una vigna; se si prende il frutto e lo si comprime, non esce altro che vino dolce;
                  cioè,  se  un  fedele  è  oppresso  da  un  pensiero  non  produce  altro  che  la  soavità  delle
                  parole  di  Dio  nella  Scrittura.  L’uomo  carnale  ed  irascibile,  invece,  non  produce  che
                  amarezza e parole inutili a quei fedeli che dovrebbero sopportare qualunque cosa possa
                  venire  loro  da  parte  di  Dio.  Ve  lo  assicuro,  fratelli,  anche  io  che  vi  parlo  in  questo
                  modo, ho un forte timore di venir meno davanti a Dio mostrandomi impotente di fronte
                  alle  lotte  terribili  che  mi  fa  il  nemico.  Sta  scritto  infatti:  Per  tutto  il  giorno  si  sono
                  accaniti  su  di  me.  Sono  caduti  anche  alcuni  angeli,  altri  sia  tra  i  profeti,  sia  tra  gli
                  apostoli  che  avevano  seguito  nostro  Signore  Gesù,  come  Giuda  e  coloro  che  Paolo,
                  negli Atti, separa dai buoni : noi, fratelli miei, cerchiamo invece di mettere in pratica la
                  parola di Salomone: Il tuo cuore non invidi i peccatori, ma abbondi nell’amor di Dio, e
                  viva sempre nel timore del Signore».

                  188.  La  maggior  parte  dei  fratelli  interrogava  spesso  Teodoro  sulle  parole  da  lui
                  pronunziate,  se  non  ne  avevano  compreso  il  significato.  Quando,  seduto,  faceva  ai
                  fratelli la catechesi, spesso gli chiedevano la spiegazione di molte sentenze, perché non
                  le comprendevano a causa della loro profondità. Quando invece stava in piedi, nessuno
                  lo  interrogava,  tranne  l’interprete,  conformemente  alla  regola  stabilita  fin  dall’inizio;
                  per questo i fratelli stavano in piedi molto coscienziosamente, attenti alle sue parole.
                  Erano disposti casa per casa, secondo la categoria e il rango di ciascuno: il capocasa
                  stava in piedi davanti ai fratelli, mentre i secondi stavano dietro, sorvegliando se per
                  caso qualcuno fosse assente; se ne stavano così in piedi secondo la regola, attenti alla
                  parola di Dio. Ed era una meraviglia vedere come si infiammavano all’udire la parola di
                  Dio  che  Teodoro  esponeva.  I  fratelli  della  congregazione  assomigliavano  ad  una
                  riunione di angeli, in piedi gli uni accanto agli altri, ciascuno ascoltando i propri difetti e
                  le proprie virtù. Alcuni avevano gli occhi pieni di lacrime, a causa dei rimproveri che li
                  riguardavano e prendevano davanti a Dio la decisione di presentarsi puri ai suoi occhi;
                  altri, che avevano la coscienza tranquilla perché procedevano secondo le loro forze nella
                  retta  via,  venivano  stimolati  dalla  parola  di  Dio  a  maggiori  esercizi  per  piacere  al
                  Signore. Quando Teodoro aveva finito di fare la catechesi, la maggior parte si prostrava
                  pregando e piangendo, e diceva tra sé: «Non siamo degni di restare in piedi a pregare
                  con i fratelli».

                  189. Si rivolse poi di nuovo a loro, dicendo: «Consideriamo le importanti garanzie che,
                  nella sua lettera pasquale di quest’anno, ci ha dato per iscritto il nostro beato padre apa
                  Atanasio,  il  santo  arcivescovo  di  Alessandria.  Ha  compilato  il  canone  dei  libri  delle
                  sante scritture, e quello del loro numero, poiché anch’egli è figlio dei santi apostoli, e si
                  prende  buona  cura  del  gregge  del  Signore,  dando  loro  il  cibo  a  tempo  opportuno.
                  Nell’ascoltare questa lettera, mi sono sentito pieno di gioia e di ammirazione. Di gioia,
                  prima di tutto, pensando alla parola lasciata un giorno dal Signore come testamento ai
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