Page 93 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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sarete afflitti e sospirerete, in compenso del piacere che vi siete presi. E che nessuno,
sentendomi parlare, dica nella sua superficialità: Se morirai, forse che per questo il
mondo diventerà deserto? In verità, sappiamo tutti che Dio non abbandona le sue
creature. Il Signore d’altronde sa che, se vorrete perseverare in questa grande fatuità,
piangerete, piangerete, e piangerete ancora. Dov’è dunque ora il timor di Dio, che si è
allontanato da alcuni di voi? Non mi ascoltavate quando mi sgolavo a forza di gridare?
Ebbene, fratelli miei, che potremo fare con una barca, con un carro, o con qualunque
altra cosa di questo mondo, in cui non c’è profitto per l’anima? Sono cose temporanee e
destinate a perire, se viene a perire l’anima nostra, inebriata di queste vanità! Che
differenza c’è tra noi e quelli che, a Choreb, si divertirono davanti al vitello,
mangiarono, bevvero e l’adorarono, abbandonando il Dio che li aveva creati? Del resto,
se non mi obbedite e non accettate il mio insegnamento, ci pensi Dio: qual è, infatti, il
mio potere?».
Dopo che Teodoro ebbe parlato, la maggior parte dei fratelli si mise a piangere, sapendo
quale cura si desse per il bene e la salvezza delle anime. Poi egli si alzò e pregò molto
tristemente, a causa dei fratelli che trascuravano la salvezza della propria anima.
Ciascuno tornò alla propria dimora, avendone tratto un gran vantaggio per sé.
193. Il nostro padre Teodoro si ammalò, per la profonda tristezza che aveva nell’anima.
Gemeva per il fatto che i fratelli non traevano vantaggi dalla regola, perché
trascuratezza e disprezzo li avevano cambiati al punto che gli era impossibile ristabilirli
nella antica fermezza, per la dissipazione in cui vivevano. Aveva anche notato che la
maggior parte dei fratelli non aveva più il coraggio di osservare le regole che l’uomo
perfetto, il nostro padre Pacomio, aveva dato perché venissero praticate in completa
diligenza. Quando gli igumeni dei monasteri seppero che il nostro padre Teodoro era
ammalato, si recarono a visitarlo, tanto più che si avvicinava la santa Pasqua. Infatti tutti
i fratelli si riunivano in quei giorni a Pbow per far battezzare i catecumeni e per
prendere le loro disposizioni, secondo le regole stabilite. Giunti da lui, videro che aveva
il viso triste; ne furono sconcertati e non osarono avvicinarsi. Teodoro, infatti, era triste
per l’incidente accaduto. Dopo alcuni giorni Dio lo fece guarire dalla malattia. Egli
allora, sedutosi, rivolse ai fratelli la parola di Dio attraverso le sacre Scritture; ogni
giorno si sedeva e li incoraggiava dal mattino fino all’ora della colletta. Fece così
durante tutti i giorni della Pasqua, benedicendo e ringraziando nostro Signore Gesù
Cristo.
La venerazione per Pacomio
194. Teodoro cominciò poi a raccontare ai fratelli la vita del nostro padre Pacomio fin
dalla giovinezza: tutte le pene che sopportò da quando cominciò a fondare la santa
congregazione, le tentazioni del demonio, il modo con cui gli strappò le anime
affidategli dal Signore, le visioni che il Signore gli aveva mandato, tutto ciò che aveva
udito dalla bocca del sant’uomo e tutto ciò che aveva visto con i suoi occhi. Diceva
loro: «Ascoltatemi, fratelli, e comprendete bene ciò che vi dico. L’uomo che celebriamo
è, dopo Dio, padre di tutti voi. Dio, infatti, si è compiaciuto di salvare per mezzo suo
una gran quantità di persone; ha salvato anche noi grazie alle sue sante preghiere. Il
defunto padre nostro Pacomio, infatti, è uno dei santi di Dio, che ha adempiuto la sua
volontà sempre e dovunque. Ho timore che ci dimentichiamo i suoi duri sforzi, e che