Page 94 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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non ci rendiamo più conto di lui, che ha fatto di questa comunità un solo spirito e un
solo corpo, con gli altri santi nostri padri che l’aiutarono mentre fondava questa santa
congregazione. Ecco che il Signore, per mezzo di Geremia, ha benedetto la casa di
Gionadab, figlio di Rechab, dicendo: Gionadab non mancherà di discendenti che siano
alla mia presenza tutti i giorni della vita, perché hanno seguito le istruzioni del loro
padre. Noi crediamo che la benedizione del nostro padre resterà con noi e con i nostri
successori, sempre, davanti a Dio. Quindi non siamo negligenti e non dimentichiamo le
leggi e i precetti che ci ha dato mentre era con il corpo in mezzo a noi.
Che cosa abbiamo, infatti, di più degli altri uomini? Che cosa? Forse il fatto che siamo
vestiti diversamente, e abbiamo la vita cinta da un cordone? O che siamo raggruppati in
una congregazione? Ma ce ne sono molti riuniti insieme come noi, che portano il nostro
stesso abito: la gloria e la grazia del Signore nostro Dio riempie infatti il mondo intero.
Ma ciò che il Signore ci ha accordato in più è ciò che ci è stato dato dal defunto nostro
padre. Egli è vissuto come i profeti, seguendo la condizione di servo, nella quale,
secondo il Vangelo, visse nostro Signore, e che fu senza offesa, come voi stessi potete
testimoniare. Voi sapete che egli ci istruiva, tra le lacrime, come dice Paolo nel libro
degli Atti, di coloro che egli istruiva; sapete anche che ci riuniva ogni giorno e ci
intratteneva sui santi precetti, tratti dalle Sacre Scritture, perché li osserviamo; sapete
anche bene che, prima di predicarli a noi, li praticava. Ci è capitato dunque un giusto,
dal quale abbiamo appreso la volontà di Dio: ci ha insegnato ad alzare le braccia verso il
Signore e il modo di pregare Dio. E non è forse giusto che lo benediciamo, dopo il
Signore che ci ha creati? Dio infatti si è rivolto ad Abramo, che aveva fatto la sua
volontà, dicendo: Benedirò colui che ti benedirà; e maledirò colui che ti maledirà.
Ebbene, fratelli miei, diciamo tutti Sia benedetto Dio, insieme con il defunto padre
nostro Pacomio, che ci guida verso la vita eterna, grazie alla pena che si è dato per noi
nelle sue preghiere».
Tutti i fratelli, a una sola voce, risposero: «Sia benedetto in tutte le sue opere il pio
padre, il defunto padre nostro Pacomio». Quando tutti, con gioia e fiducia grande,
ebbero così esclamato, Teodoro riprese: «Alcuni di voi pensano che sia di onore alla
carne? In nessun modo. O pensano forse ancora che la nostra preghiera si fondi su di un
uomo? Certamente no. Noi glorifichiamo e benediciamo lo Spirito di Dio che dimora in
quell’uomo. E se benediciamo anche la carne, lo facciamo perché è stata tempio del
Signore. Bisogna dunque farlo, anche perché crediamo e sappiamo che il nome di lui è
scritto nel libro della vita insieme a quello di tutti i santi.
Ebbene, fratelli miei, è per noi necessario e giusto descrivere i suoi sforzi penosi,
dall’inizio fino alla piena realizzazione, gli esercizi ascetici ai quali si era dedicato. Il
suo ricordo resterà così sulla terra come resta per sempre nei cieli, secondo quanto disse
il beato Giobbe: Chi farà sì che le mie parole restino scritte e consegnate in un libro per
sempre. E nessuno, nella sua ignoranza, osi dire: Sta anche scritto: Sia maledetto l’uomo
che confida in un uomo. Vi è stato già insegnato molte volte che chi aderisce al Signore
non si chiama più uomo, ma spirito, come sta scritto: Chi aderisce al Signore fa un solo
spirito con lui; e ancora: Voi non siete nella carne, ma nello spirito. Dunque, secondo
questo testo, colui che aderisce al Signore e lo serve ha cessato di essere uomo, a causa
dello Spirito Santo che abita in lui. Avviene come di una spada e del suo fodero: non si
dice spada e fodero, come se fossero due cose distinte e aventi un doppio nome, ma si