Page 99 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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distinse Teodoro in mezzo agli altri e lo abbracciò per primo. Dopo aver pregato,
sedette e disse loro: «Come sta il vero Israelita, in cui non è inganno, nostro padre
Orsiesi, con gli altri fratelli?». Teodoro rispose: «Grazie all’aiuto di Dio e alle tue sante
preghiere stiamo tutti bene. Anche il nostro santo padre e quelli che sono con lui ti
salutano». Prese allora le redini dell’asino dell’arcivescovo, per accompagnarlo, ma
quello glielo impedì. Teodoro disse allora all’arcivescovo: «Santo padre, lasciatemi
fare. Non è forse per noi un favore il poter fare atto di sottomissione a colui che spesso è
morto per noi, a motivo della conservazione della fede di Cristo?». Allora l’arcivescovo
gli permise di prendere le redini. Poi i fratelli, circa un centinaio, lo precedettero
cantando.
L’arcivescovo vide che nostro padre Teodoro, ardente per lo Spirito Santo che abitava
in lui, procedeva con grande slancio e coraggio, non si curava della folla che lo
schiacciava, né della fiamma ardente di molte fiaccole che lo bruciavano. Disse allora ai
vescovi del suo seguito: «È forse conveniente chiamarci padri del mondo? No davvero.
Ecco i nostri padri, che hanno l’umiltà e la sottomissione secondo Dio. Sono davvero
sempre felici e benedetti coloro che portano la croce, che sono celebrati per l’umiltà, e il
cui riposo seguirà le pene, in attesa di ricevere la corona immortale». Lo precedettero
cantando, finché non lo introdussero nella chiesa della città di Smoun. Pregò poi per la
folla che lo accompagnava e ciascuno fece ritorno a casa. Teodoro e i fratelli ricevettero
la benedizione dell’arcivescovo e si recarono nei vicini monasteri per prendervi un po’
di riposo.
202. L’arcivescovo passò alcuni giorni in queste città, esortando mediante la parola di
Dio. Salì poi, con il seguito, ai monasteri di Nouoi e di Kahior per vedere
l’organizzazione dei fratelli. Entrato, ne osservò la discrezione, l’affabilità, lo stato
perfetto, la tranquillità di vita: se ne rallegrò vivamente e glorificò il Signore. Andò in
chiesa, preceduto dai fratelli che cantavano, e pregò; fu poi condotto al refettorio, nelle
dimore e nelle celle; in tutte pregò. Fu preso d’ammirazione per le loro istituzioni e per
l’abitudine di dormire per terra: benedisse Dio, rendendo omaggio alla vita e alle
pratiche dei fratelli. Poi l’arcivescovo disse al nostro padre Teodoro: «Avete davvero
istituito una cosa grande ed unica nel mondo: darà pace a chiunque verrà a voi».
Teodoro rispose all’arcivescovo: «Questo grande favore di Dio ci è stato fatto per il
defunto nostro padre; e soprattutto grazie alle tue sante preghiere, mio signore e padre.
Il Signore sa che, quando abbiamo visto la tua santità, è come se avessimo visto nostro
Signor Gesù Cristo nella Gerusalemme celeste, per la nostra grande fede in te: tu sei il
nostro padre».
L’arcivescovo trascorse alcuni giorni in questo monastero, rendendosi utile ai fratelli
con la parola di Dio. Disse poi a Teodoro: «Se Dio vuole, desideriamo passare alcuni
giorni in questo luogo: la santa Pasqua della nostra salvezza si avvicina. Prendi questa
nostra lettera per Orsiesi: venga anche lui da noi, perché possiamo ricevere la sua santa
benedizione. Vai pure a prenderti cura dei monasteri, come sei solito fare».
203. Venuta la sera, il nostro padre Teodoro si sedette per rivolgere ai fratelli la parola
di Dio. Disse poi ai fratelli della barca: «L’arcivescovo ha detto che passerà qui qualche
giorno, prima di venire a sud a visitarci. Vi prego perciò di mettervi a sua disposizione
con la barca, nel caso ne avesse bisogno; dopo Dio, è lui il nostro padre. Non è solo