Page 101 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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comportava come subordinato di Orsiesi: nella sua umiltà non faceva niente, neppure la
più piccola cosa, senza il suo parere. Spesso lo si sentiva dire piangendo: «Si avvicina
per me il momento di separarmi dal mio padre Orsiesi, e di prendere la via di tutti i miei
padri». Orsiesi parlò a lungo ai fratelli, incitandoli ad imitare la vita del nostro padre
Teodoro, la sua costanza e la sua umiltà davanti a Dio; poi si alzò e pregò. Tutti i fratelli
fecero ritorno alle loro dimore, recitando la parola di Dio e praticando le virtù.
Malattia e morte di Teodoro
205. Quattro giorni più tardi, giunse la settimana santa. Tutti i fratelli si trovavano
riuniti a Pbow per celebrare insieme la Pasqua, secondo la volontà di nostro padre
Pacomio. Teodoro pregò Orsiesi di rivolgere ogni giorno ai fratelli la parola di Dio,
durante la celebrazione della Pasqua. Questi, però, non acconsentì a farlo regolarmente:
faceva la catechesi ai fratelli qualche volta, come qualche volta la faceva Teodoro,
perché erano, in due, un solo uomo. Andarono avanti così sino alla fine della Pasqua.
La vigilia del santo giorno di Pasqua, tutti i fratelli erano in chiesa per ricevere i santi
misteri, il corpo e il sangue di nostro Signor Gesù Cristo. Un fratello anziano, di nome
Eron, malato, era rimasto nel locale del monastero dove stavano tutti i malati: era
l’aiutante di Teodoro il cittadino, superiore dei Greci. Il fratello infermiere informò
Teodoro che quell’anziano stava per morire. Teodoro allora uscì subito dalla chiesa e
andò dai malati per vedere il fratello moribondo: si chinò su di lui e disse cose
importanti davanti ai fratelli che ascoltavano. Qualche istante dopo, quel fratello morì e,
subito, si produsse un grande stupore. Nessuno aveva infatti compreso le parole che
Teodoro gli aveva detto, che corrispondevano, però, a ciò che ciascuno aveva pensato
dentro di sé: «Quando arriverai dal giusto e perfetto nostro padre Pacomio, lo pregherai
per me e gli dirai: Teodoro, tuo figlio, prega il suo santo padre di dargli modo di
seguirlo». Avevamo così pensato tra di noi perché vedevamo Teodoro in preda ad uno
stato di abbattimento superiore al normale e notavamo il suo atteggiamento quotidiano
nella vita e nelle parole.
Teodoro si sedette e versò molte lacrime; era molto addolorato, come pure Orsiesi e i
fratelli che lo circondavano. Allora disse: «Il fratello morto oggi è come un segno:
indica che un altro lo seguirà, uno che voi non pensate debba morire in questi giorni». I
fratelli passarono quella notte, fino all’aurora, pregando e vegliando intorno al cadavere
Al mattino, era domenica, il giorno della Resurrezione di nostro Signor Gesù Cristo,
seppellirono il santo cadavere. Teodoro poi si sedette e, per ordine del giusto Orsiesi,
diede direttive a tutti, sia ai superiori, sia agli aiutanti, conformemente alle tradizioni
ricevute dal nostro santo padre Pacomio. Regolò tutti i loro affari, come era opportuno.
Poi intonarono il canto, precedendo Eron: seguivano gli igumeni dei monasteri con tutti
i fratelli. Lo condussero alla montagna e lo seppellirono vicino agli altri. Poi Teodoro,
dopo aver pregato per gli igumeni, li accompagnò, mentre partivano ciascuno per il suo
monastero. Orsiesi, che partiva per Seneset e faceva anch’egli parte del corteo, disse ai
fratelli: «Ricordatevi di me». Allora il nostro padre Teodoro replicò ad Orsiesi: «Non
allontanarti, perché uno di noi, superiore ed inferiore, sta per morire». Dopo le sue
parole, i fratelli fecero ritorno ai rispettivi monasteri, mentre Teodoro tornava indietro
con il seguito.