Page 106 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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APPENDICE B
Prime esperienze monastiche di Pacomio
Quanto a Pacomio, gli si radunarono attorno, ad uno ad uno, gli abitanti dei villaggi
circostanti; si costruivano abitazioni nel luogo dove si era ritirato in convento, e vi
conducevano vita anacoretica, formando una piccola colonia. Quando vide che i fratelli
andavano riunendosi attorno a lui, fissò loro il seguente regolamento: ciascuno doveva
bastare a se stesso e trarsi da solo d’impiccio; ciascuno poi dava una quota parte per i
bisogni materiali, sia per il nutrimento, sia per gli stranieri che ricevevano ospitalità da
loro; mangiavano tutti insieme; a lui rimettevano i loro guadagni, perché li
amministrasse. Questo facevano volontariamente e liberamente, perché si incaricasse di
tutti i loro bisogni, in quanto lo ritenevano uomo sicuro, e, dopo Dio, il loro padre.
Questo regolamento era ammorbidito secondo la loro debolezza, come dice l’Apostolo:
Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli. E scrivendo ai Corinzi dice
ancora: Vi ho nutriti con latte e non con cibo, perché non ne eravate capaci: ed ecco,
non ne siete ancora capaci.
Tale era dunque la maniera in cui si comportò, perché vedeva che non erano ancora
capaci di legarsi tra di loro in una comunità perfetta, del genere di cui è scritto negli Atti
a proposito dei credenti: Erano un cuor solo e un’anima sola, e tutti i beni
appartenevano loro in comune. Non vi era persona che dicesse: è mio di quello che gli
apparteneva. E nostro padre Pacomio li nutriva come gli era possibile nutrirli, come sta
scritto: Un padre giusto nutre bene. Ciò che riceveva da loro, secondo questa regola, lo
amministrava; se capitava che gli si portasse del pesce e delle altre provviste, le
accettava e le preparava loro. Quando aveva finito di preparar da mangiare, se aveva
passato in digiuno il giorno precedente, si sedeva, posava il sale sulla mano e vi
mangiava sopra il suo pane.
Questo era il modo in cui agiva sempre con loro, facendosi loro servitore, secondo il
patto che aveva concluso con Dio, come dice Paolo: Benché libero, mi sono fatto servo
di tutti, per guadagnare molti. Quanto ad essi, vedendo la sua umiltà e
accondiscendenza, per la mancanza di dirittura dei loro cuori, io trattavano con
disdegno e grande indifferenza. Abitualmente, quando comandava loro di regolare
qualcosa, che riguardava i bisogni comuni, lo contraddicevano in faccia e lo insultavano
dicendo: «Non ti obbediremo». Ed egli, per parte sua, non usava rappresaglie verso di
loro, ma usava pazienza dicendo: «Vedranno la mia moderazione e la mia pena, e
torneranno a Dio, si correggeranno e avranno timore del Signore». Ed anche questo
faceva secondo la Parola di Paolo: Un servitore del Signore non deve disputare, ma
essere umile di fronte a tutti; istruttore che sopporta il male, istruendo con dolcezza
coloro che contraddicono, affinché Dio conceda loro di convertirsi alla conoscenza
della verità, per uscire dalle reti del diavolo in cui erano prigionieri a discrezione
Avvenne che all’epoca del raccolto andarono tutti insieme a mietere come salariati.