Page 86 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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grandemente rattristati. Quel giorno, secondo le sue abitudini, egli intratteneva i fratelli
sulle Scritture, e disse loro: «Ecco che alcuni sono tristi per aver saputo che è affondata
la barca carica di stoppe. Noi abbiamo abbandonato con gioia le ricchezze che avevamo
in famiglia, per il nome del Signore Gesù Cristo, mentre ancora eravamo
nell’ignoranza; ebbene, ci affliggeremmo ora per quanto ci è stato tolto, dopo aver
ricevuto la vera scienza del Signore? Leggiamo e recitiamo continuamente le Scritture,
e non abbiamo notato la parola di Giobbe: È il Signore che ha donato, è il Signore che
ha tolto; come è piaciuto al Signore; sia benedetto il nome del Signore. Ora, che è
giunto il momento per noi di diventare figli di Giobbe il giusto, benedicendo il Signore
nella prova che ci colpisce, fratelli miei, non siamo pusillanimi, al punto di attribuire
ignoranza a quel Dio che ci ha messi alla prova. Tutto ciò che c’è nella congregazione
non è nostro, né dei nostri genitori secondo la carne, che sono nel mondo, ma di nostro
Signor Gesù Cristo, che ci ha riuniti insieme. Se ce io lascia per i nostri bisogni, sono
elemosine e carità che ci elargisce con amore. Se d’altra parte ce io toglie,
ringraziamolo e sia fatta in noi la sua volontà: sappiamo con certezza che non ci accadrà
se non ciò che ci è utile. Non dobbiamo, fratelli miei, affliggerci per gli incidenti che ci
possono capitare: affliggiamoci piuttosto per la povertà delle nostre anime e facciamo la
volontà del Signore; è Lui che si prenderà cura di noi in tutto, come sta scritto: Cercate
per prima cosa il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in
sovrappiù, e non mancheremo di nulla». Sì, la parola detta dal Signore Gesù Cristo nel
Santo Vangelo si compì nel nostro padre Teodoro, perché custodiva i suoi
comandamenti, come sta scritto: Chi ha i miei comandi e li osserva, mi ama; e colui che
mi ama sarà amato dal Padre mio, e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui.
Vigilanza di Teodoro
184. Un altro giorno, mentre il nostro padre Teodoro dormiva, un angelo lo svegliò e gli
disse: «Alzati, svelto, va’ in chiesa: c’è il Signore». Teodoro si alzò ed andò, obbedendo
alla voce udita, perché aveva una coscienza ben sveglia e una fede incrollabile, visto
che teneva sempre lo sguardo fisso al cielo, come dice il cantore David: Cominciai a
vedere sempre il Signore accanto a me, alla mia destra perché non vacillassi. Giunto al
portico della chiesa, guardò verso l’interno e vide un’apparizione: il pavimento dove
posava i piedi, così come lo vedeva Teodoro, rassomigliava a zaffiro luminoso. Egli non
poteva guardarlo, a causa della viva luce che splendeva davanti a lui. Uno degli angeli,
che assistevano il Signore disse a Teodoro: «Perché non esorti frequentemente i fratelli
a non trascurare la sinassi all’ora della preghiera e ad offrire preghiere al Signore? Non
sai che il Signore viene spesso in mezzo ad essi per fasciare i feriti e perdonare i peccati
a coloro che li hanno commessi?». Il nostro padre Teodoro, udendo queste parole si
turbò, per il terrore che lo invadeva, e disse: «Perdonami, Signore, se fino ad oggi sono
stato negligente: da questo momento non mancherò di starvi attento».
Dopo la visione, continuò ad essere spaventato e turbato, ricordandosi la situazione di
tutto Israele, un giorno, nel deserto; quale fu lo spavento di tutti, dei figli, delle figlie e
delle mogli, perché il Signore si era mostrato loro, terrorizzandoli affinché non
peccassero più contro di lui. Lo vedevano tutti sul monte Sinai: la montagna intera era
piena di fuoco, di lampi, di nuvole, di tenebre e del suono forte delle trombe, cosicché,
per il gran terrore che li aveva invasi, gridarono verso Mosè: «Parlaci tu e non ci parli
più Dio: abbiamo paura di morire tutti e di essere consumati dal fuoco».