Page 82 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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Ecco, vi abbiamo istruito su queste cose. Ma non bisogna che certuni si scandalizzino,
fratelli, leggendo del banchetto di Salomone. Al contrario, riflettiamo che ci è
raccontato nel mistero, perché Salomone è figura del nostro Salvatore, uscito dal suo
seme secondo la carne; egli che inviò tutti i suoi servitori, come si legge nel Vangelo in
parabola: I miei buoi e i miei animali grassi sono uccisi, tutto è pronto, venite alle
nozze. Infatti, lui è veramente la Sapienza di Dio, come sta scritto: La sapienza si è
costruita una casa, ha rinforzato sette colonne, ha immolato le sue vittime, ha
mescolato il vino nelle coppe, ha preparato la tavola, ha inviato i suoi servi, a tutti,
buoni e cattivi.
Ebbene, o fratelli, ecco che abbiamo parlato della povertà e della rinuncia dei santi; noi,
per parte nostra, imitiamo la loro condotta, in modo da diventare loro figli».
146. Dopo aver tenuto questo discorso, apa Teodoro si alzò, pregò e rimandò gli
igumeni ai monasteri, secondo l’ordine che aveva fissato. Questi subito lo lasciarono
ringraziandolo e dicendo: «Prega per noi, padre nostro». Dopo il congedo e la loro
partenza, Teodoro si alzò e si recò nel monastero di Seneset a fare visita al nostro padre
Orsiesi, e a riconfortarlo dicendo: «Abbi fiducia! Noi due siamo un solo uomo in ogni
opera buona. Sei tu che mi hai designato, e siamo figli dello stesso padre». Il nostro
padre Orsiesi, ogni volta che vedeva l’umiltà di Teodoro si consolava delle sue pene e
non pensava più che aveva deposto la carica, ma diceva tra sé: «Il nostro padre Pacomio
non è affatto morto». Dopo avergli fatto visita e averlo interrogato su tutti gli affari dei
monasteri, apa Teodoro tornò a Pbow per ordine di apa Orsiesi.
Chiaroveggenza di Teodoro
147. Quando nella congregazione regnarono il buon ordine e l’unità, come prima, apa
Teodoro si sedette e parlò ai fratelli riuniti, dicendo: «Sto per dirvi una parola che il
Signore realizzerà presto, affinché tutti, e soprattutto quanti di voi ne dubitano, sappiate
che il nostro essere riuniti non si è prodotto in maniera umana, ma divina. Ebbene,
fratelli, la parola è questa: vi è tra voi un fratello che in questi giorni il Signore visiterà.
Egli conosce esattamente il modo in cui ci siamo comportati, e dopo la sua morte, andrà
a raccontare a nostro padre e ai suoi compagni dell’altro secolo come siamo vissuti,
legati e stretti dal Signore. Questo perché l’orgoglio e la gioia degli uomini di Dio
consiste nel fatto che la loro discendenza cresca e prevalga sulla terra, come dice il
dottore Paolo ai servi di Dio: Qual è la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona
del nostro orgoglio? Non siete voi alla presenza del Signore Gesù Cristo nella sua
parusia?
Dopo cinque giorni, avvenne esattamente come aveva predetto: si ammalò un fratello
anziano, asceta e fedele, di nome Akulas, contabile presso l’economo incaricato
dell’amministrazione di tutti i conventi della congregazione. Mentre costui era oppresso
dalla malattia, fu annunciato al nostro padre Teodoro che si trovava in pericolo di morte
un altro fratello, che pure sapeva scrivere molto bene; che si trovava in un altro
convento, dove si era ammalato. Apa Teodoro, appresa la notizia, disse ai fratelli:
«Veramente sono preso da una grande tristezza al pensiero di questi due fratelli
ammalati; infatti, se il Signore li visita, godranno del riposo eterno, mentre noi abbiamo
bisogno di loro per il servizio di tutta questa moltitudine di fratelli riuniti nella