Page 78 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
P. 78
muoverlo, perché senta subito. Così, anche a voi è possibile rivivere, se il Signore lo
vuole».
Quando intesero anche queste parole, i fratelli lanciarono grida e piansero più forte, per
l’eccitazione dello Spirito che muoveva i loro cuori, attraverso la parola di Teodoro.
Questi riprese e disse: «I fratelli della santa congregazione di Tabennesi saranno ancora
figli del nostro padre Pacomio, l’uomo giusto? Vi sarà ancora chi interroghi il proprio
vicino: Qual è il senso di questa massima? Ritorneremo ancora, chi al proprio lavoro,
chi sui carro, chi sulla strada, chi recitando la parola di Dio, secondo la
raccomandazione del nostro padre? Ebbene, fratelli, lottiamo contro noi stessi,
camminiamo nel timore del Signore, e non trasgrediamo un solo precetto, delle leggi
che ci sono state date. Che ciascuno di noi cammini, non secondo il proprio capriccio,
ma secondo il beneplacito del Signore, che ci ha chiamati a questa grande purezza».
Quando Teodoro vide la loro grande umiltà e il modo in cui piangevano senza smettere
sulla noncuranza e la negligenza in cui erano vissuti, cessò di parlare. Allora si
alzarono, pregarono tutti insieme e ciascuno si ritirò nella propria cella senza cessare di
supplicare Dio.
Teodoro e gli igumeni
142. Quando gli igumeni dei monasteri seppero che Teodoro era stato messo al posto di
apa Orsiesi, si alzarono e vennero a fargli visita con grande gioia; pensavano che,
arrivati a lui, Teodoro sarebbe stato molto felice. Ma questi, al vederli, fu preso da una
violenta indignazione. Dovettero fargli quasi forza, perché li abbracciasse; vedendo il
suo aspetto, tremarono di paura. Teodoro poi si sedette e parlò loro con parole afflitte:
«Credete forse che Dio ci sopporterà e non manderà su di noi la sua collera? Vi siete
levati contro il nostro beato apa Orsiesi, e l’avete cacciato dalla sua carica, quest’uomo
veramente buono, di cui siamo indegni! Lui che Dio e il nostro padre hanno stabilito nel
suo santo luogo, che è venuto a prendere il posto dei nostri padri deceduti! Vi è
qualcuno che possa lottare contro la decisione del Signore, in presenza del quale ogni
vita è un nulla? Io mi stupisco che la vostra bocca si sia allungata a dire: Non vogliamo
che costui regni su di noi! Sappiate che, se parliamo così, egli da parte sua ci chiederà:
Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che ti ho contristato? Rispondimi. Il nostro defunto
padre, nella dimora dei santi, vedendovi così, si stupisce e siede tristemente, dicendo
con dispiacere: Non ho forse seminato del buon grano nel mio campo? E da dove viene
questa erbaccia? Ora, fratelli miei, se abbiamo peccato, facciamo penitenza. Ecco
dunque: io sto per fare con voi un patto davanti al Signore, riguardo al perdono della
noncuranza in cui certuni sono vissuti. Voi, infatti, avete cominciato a disgregare il
luogo santo, che il Signore ha donato al nostro padre Pacomio, grazie alle suppliche e
lacrime che ha versato per noi. Voi vi ricordate, che nel tempo in cui era con noi, gli fu
annunciato dal Signore tutto quello che è successo oggi, prima che avvenisse. Quando il
Signore gli aprì gli occhi nella visione, egli vide la maggior parte dei fratelli, chi tra le
fauci di coccodrilli, chi tra le fiamme, altri in balia delle bestie feroci, altri sul punto di
far naufragio in mezzo al fiume, mentre invocavano aiuto. Ora, dunque, io faccio con
voi questo patto; chiunque veglierà sulle proprie anime e non peccherà più contro il
Signore, fino al giorno della morte, otterrà il perdono per tutte le perversità che ha
compiute fino ad oggi, così da diventare come uno che sta per nascere, cui non si
imputa né male, né merito, e che d’ora innanzi vivrà nel rinnovamento. Perciò