Page 75 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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per aiutarle a diventare perfette».
Umiltà di Teodoro
135. Quando i fratelli udirono queste parole dalla bocca di apa Teodoro, ammirarono la
fede che aveva in Dio, e la sua profonda umiltà: egli aveva estirpato da sé ogni male,
come un agnello innocente e senza macchia. Non solo progrediva negli esercizi visibili,
ma anche nei frutti dello Spirito Santo cioè l’umiltà e la sottomissione. Dal momento in
cui appresero che il nostro padre apa Orsiesi era stabilito a capo della congregazione,
ogni volta che interrogavano Teodoro sulla spiegazione di una parola della Scrittura,
egli rispondeva con umiltà: «Non potremo trovare la spiegazione del passo, a meno di
pazientare finché siamo arrivati al sud, e il nostro padre ce lo spieghi». Coloro che lo
interrogavano ammiravano in questa risposta la sua profonda umiltà, perché nessuna
parola della Scrittura gli sfuggiva, visto che prima di questi fatti aveva l’abitudine di
istruirli mediante le Scritture. Infatti molto spesso agiva così, e si schermiva per non
acquistarsi la loro confidenza, perché il cuore dei fratelli non inclinasse più verso di lui,
ma verso il padre apa Orsiesi, di cui diceva: «È un uomo potente in parole ed opere».
136. Dopo qualche giorno, terminarono le loro faccende nella città di Alessandria;
ricevettero una lettera dell’arcivescovo destinata ad apa Orsiesi, e presero congedo da
lui dicendo: «Prega per noi, atleta di nostro Signor Gesù Cristo». E in pace lo
lasciarono. Quando arrivarono alla località dove stava apa Antonio, lo cercarono per
fargli visita, ma furono informati che era partito per la montagna interna; navigarono
allora verso sud. Se uno dei fratelli interrogava Teodoro su una parola o una tristezza,
questi lo tranquillizzava dicendo: «Usiamo pazienza, finché non saremo arrivati a sud e
non avremo raccontato le nostre pene al nostro padre, e il Signore per mezzo suo ci darà
la pace».
Quando arrivarono a sud, apa Teodoro e apa Orsiesi, come tutti i fratelli, si
abbracciarono con un puro bacio. Subito apa Teodoro diede ad apa Orsiesi la lettera
dell’arcivescovo. Quando l’ebbe letta, i fratelli ne ricevettero grande consolazione, per
le vive parole che vi erano scritte. Poi apa Teodoro diede anche la lettera che apa
Antonio aveva inviato loro ad Alessandria. I fratelli allora benedissero Dio dicendo:
«Sii benedetto, in tutte le tue opere, perché ci hai dato grande credito presso i tuoi servi,
grazie alle preghiere del nostro santo padre».
137. Apa Teodoro, accorgendosi che i fratelli sempre più frequentemente ricorrevano a
lui, ne fu addolorato, e desiderava partire per qualche monastero per un po’ di tempo,
finché la posizione di apa Orsiesi si fosse pacificamente affermata. Si mise a pregare il
Signore giorno e notte a questo proposito. Mentre era triste e afflitto da questa
situazione, apa Macario, igumeno di Pnoum, arrivò dal nord a fare visita ad apa Orsiesi.
Apa Teodoro andò a trovarlo e gli parlò da solo, raccontandogli tutta la faccenda. Gli
domandò: «Vorrei che tu chiedessi ad apa Orsiesi di mandarmi al sud con te per passare
qualche giorno presso di te: tu hai visto come vanno le cose in questo santo luogo». Apa
Macario gli obbedì, andò a trovare il nostro padre Orsiesi e gli fece la domanda: «Vorrei
che tu mandassi apa Teodoro al sud con me, finché non abbiamo cotto la nostra piccola
provvista di pane: egli conosce molto bene l’arte del fornaio, di modo che i fratelli