Page 71 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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in cui non c’è macchia». I fratelli ammirarono la fiducia in Dio del nostro padre
Teodoro, e la sua sicurezza nelle buone opere; poi vogarono sulla loro barca in
direzione nord.
Visita ad Antonio
126. Quando raggiunsero la montagna di Tilog, chiesero del beato apa Antonio,
l’anacoreta; furono informati che giaceva malato nel suo monastero sulla montagna
esterna. Subito tirarono in secco la barca e salirono per fargli visita. Informato che i
fratelli della congregazione erano là per vederlo, sentendo il loro nome, Apa Antonio si
alzò, facendosi aiutare da uno dei suoi assistenti; infatti era malato di vecchiaia. I
fratelli, che erano presso di lui, si stupirono, poi io sollevarono; apa Antonio si mise a
camminare per andare loro incontro fino alla porta del monastero, dove li abbracciò con
un casto bacio.
Apa Teodoro gli prese la mano destra, mentre apa Zaccheo gli prendeva la sinistra;
avanzarono con lui, seguiti dagli altri fratelli, finché giunsero al locale dove era il suo
giaciglio. Poi pregarono e si sedettero: tutti i fratelli si sedettero insieme a lui, il cui viso
emanava una grande gioia, come quello degli angeli di Dio. Allora egli cominciò a
rivolgere loro la parola, dicendo: «Non affliggetevi, fratelli, perché il giusto apa
Pacomio è morto; non siete il suo corpo e non partecipate del suo spirito? Sono stato
molto tormentato dal desiderio di vederlo mentre era ancora vivo, e forse non ne ero
degno; perché il fatto di aver riunito delle anime intorno a sé, per offrirle pure al
Signore, dimostra che ci è superiore e che la via che egli ha seguito, la via della
congregazione, è la via apostolica». Apa Teodoro rispose con cortesia : «Tu sei molto
più giusto, ultimo dei profeti!». Apa Zaccheo non poté più contenersi, e gli rispose
sbalordito: «Certo tu ci inganni! Se la vita comune nella quale ha camminato nostro
padre è la strada superiore, degli apostoli, perché non hai vissuto anche tu in comunità,
e non hai nutrito una gran folla di anime, come dici? Noi sappiamo che sei un giusto,
perfetto in ogni opera buona. Dio sa che il nostro padre non cessava di parlarci di te in
ogni momento, portando la tua vita ad esempio, quando era tra noi con il corpo».
127. Apa Antonio rispose: «Ti convincerò della cosa che mi hai chiesto, piccolo
Zaccheo» – era infatti di bassa statura –. «All’epoca in cui mi sono fatto monaco, non
c’era sulla terra alcun cenobio, perché potessi vivere in comunità; c’erano soltanto
persone che si ritiravano in disparte, un po’ fuori del villaggio: ecco perché anch’io ho
vissuto una vita anacoretica. Più tardi, quando apparve sulla terra, la via apostolica, cioè
l’opera iniziata dal nostro potente apa Pacomio, divenne il porto per ognuno che si
trovasse in pericolo a causa di colui che è brigante dalle origini. Ora, se anch’io volessi
riunire una comunità, non lo potrei, per non essermi messo fin dall’inizio in questo
lavoro, e non aver acquistato ciò di cui c’è bisogno per agire con ciascuno. D’altra
parte, se volessi entrare in una comunità di questo genere, e abitare con i fratelli
praticando la sottomissione, non lo potrei, perché sono di età avanzata; ecco perché ho
preferito restare come sono. Quando partivo dalla montagna per fare visita ai fratelli,
tutto ciò che desideravo era questo: intrattenermi con l’uno e l’altro fratello,
confortandolo con la parola di Dio, per averne una ricompensa di fronte al Signore. In
effetti, ve l’assicuro, tutto il mio zelo è occupato nel salvare anche una sola anima nel
Signore, con il mio lavoro. Poi, non mi si lasciò agire come volevo: quando si sapeva