Page 66 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
P. 66
come mercede per la sua malvagia disobbedienza.
Malattia di Pacomio
117. Un giorno, ancora, il nostro padre Pacomio cadde malato; non avverti alcun
fratello, e secondo la sua abitudine non credette alla propria malattia; al contrario, nel
suo grande coraggio era partito con i fratelli per la raccolta della canapa – in
quell’epoca, infatti, facevano la raccolta –. Mentre mietevano, cadde a faccia in giù in
mezzo a loro. I fratelli ne furono sconvolti, corsero da lui e lo rialzarono: gli trovarono
addosso una forte febbre causata dalla malattia. Si misero in cammino con lui e lo
riportarono al monastero. Qui Pacomio si stese a terra, cinto della propria cintura. I
fratelli lo pregarono di disfarsene a causa della malattia e di stendersi su di un letto
come gli altri malati, ma Pacomio non obbedì e rimase steso per terra. Uno dei fratelli si
sedette e gli faceva aria con il suo cappuccio. In quei giorni, molti erano malati a causa
di una grave malattia che si era abbattuta su di loro. Uno dei visitatori si rivolse al
fratello che gli faceva aria, dicendo: «Non hai trovato un ventaglio, per fargli aria?». Lo
stesso nostro padre, ascoltandolo, a causa della malattia non poté rispondere, ma con un
gesto del dito gli fece capire: «Si potrà trovare un ventaglio per ciascuno di questo gran
numero di ammalati, perché ce ne sia uno anche per me?».
118. La sua malattia si prolungava: si era arrivati ai giorni della Quaresima del Signore.
L’ultima settimana di Quaresima, mentre tutti i fratelli dei monasteri erano riuniti a
Pbow per celebrare insieme la santa Pasqua, un angelo venne da lui e gli disse:
«Preparati, Pacomio, perché il Signore porterà via una grossa vittima dalla tua casa, il
giorno della festa». Pacomio pensò tra sé: «Forse il Signore mi visiterà il sabato della
festa del Signore». Durante i quattro giorni di Pasqua, che passò senza mangiare, era nel
dolore, e sospirava interiormente, affinché l’unità della congregazione non si
disgregasse.
Il venerdì sera – era il terzo giorno che passava in digiuno – riunì presso di sé tutti i
fratelli e parlò loro, come un tempo Samuele aveva parlato al popolo per fargli le sue
raccomandazioni; anch’egli si rivolse ai fratelli, dicendo: «Io penso, fratelli e figli, che
sia arrivata per me l’ora di prendere la strada di tutta la terra, come hanno fatto i miei
padri. Voi tutti sapete come, nel mio modo di vita, ho camminato in mezzo a voi in tutta
umiltà e rinuncia; sapete che non ho cercato la comodità più di ciascuno di voi. Al
contrario, nel nostro sistema di vita, noi siamo stati come un sol uomo; d’altronde, non
sfuggivo in nulla ai vostri sguardi, in questo santo luogo. Sì, il Signore mi è testimonio
che non dico queste cose per orgoglio o per una piccola gloria. Infatti non mi intratterrò
con voi su quanto ho fatto palesemente di fronte a voi, per convincervi; mi intratterrò
piuttosto su ciò che non è noto per rendervi soddisfatti. Ebbene, non ho dato alcun
scandalo, né davanti a Dio, né davanti agli uomini. Inoltre, il Signore lo sa, se non
camminerete secondo tutte le istruzioni e le leggi che vi ho dato, se non le praticherete e
non le seguirete, non troverete alcun luogo di riposo per le vostre anime. Vi dico questo
perché ignoro ciò che succederà, e perché il Signore ci ha prevenuto nel Vangelo
dicendo: Vegliate, perché non sapete né il giorno né l’ora in cui il Signore verrà. Infatti,
sapete quale fu il mio obiettivo; quale detentore di autorità, non ho mai rimproverato
nessuno di voi, se non per la salvezza della sua anima; non ho fatto passare nessuno di
voi da un luogo all’altro, o da un laboratorio all’altro, se non quando sapevo di farlo nel