Page 61 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
P. 61
ingrato verso la tua Maestà e la tua Munificenza, ha scelto di diventare un vaso del
diavolo, invece di vaso di elezione, e dimora del tuo Spirito Santo che salva chiunque;
ha commesso un omicidio nella tua casa, accettando i pensieri perversi ispirati
dall’astuto demonio, di cui è divenuto figlio. Eppure non ignora le Scritture, che io
posso citare a suo proposito, conosce la tua vera scienza ed insegna persino agli altri a
procedere secondo la tua divina volontà! Gli stessi peccati e le stesse impurità che fa
evitare agli altri, sono proprio quelle in cui vive, che commette e consuma come un
empio: per questo merita la morte. Ma io non posso fargli alcun male
indipendentemente dalla tua santa volontà. Perciò, Dio di tutti i santi, dal momento che
mi hai rivelato le sue detestabili iniquità, dimmi cosa devo fargli». Mentre pregava, gli
apparve un angelo del Signore, dall’aspetto terribile, e aveva in mano una spada
sguainata; disse a nostro padre: «Dal momento che Dio ha cancellato il suo nome dal
libro della vita, anche tu caccialo di mezzo ai fratelli, perché non sono ignoranti; ma
anche agli ignoranti le impurità di questo genere appaiono come abominazioni davanti a
Dio». Al mattino, Pacomio li rivestì di abiti secolari, e disse: «Andate a vivere secondo
le abitudini che avete preso», e li cacciò. Si era compiuta così per loro la parola del
profeta: Li caccerò dalla mia casa e non li amerò più.
Poi, sedutosi, rivolse la parola di Dio ai fratelli, ricordando le negligenze di coloro che
aveva dovuto cacciare; ispirava loro il timore, piangendo abbondantemente sulla
disgrazia delle abominazioni che avevano commesso giorno e notte davanti a Dio Poi
pregò in piedi con tutti loro; e ciascuno ritornò nella propria dimora, recitando
tranquillamente la parola di Dio. Il nostro padre Pacomio partì verso Pbow insieme ai
fratelli che erano venuti per la raccolta della canapa, recitando la parola di Dio.
Guarigioni di malati ed indemoniati
109. Il giorno dopo, fu condotto alla porta del monastero un indemoniato, che soffriva
molto. Il fratello portinaio lo annunciò al nostro padre, che subito uscì, accompagnato
da due fratelli. Accostatosi al malato, chiese a coloro che lo accompagnavano: «Qual è
il suo nome?». L’indemoniato rispose: «Cento è il mio nome». Nostro padre Pacomio
gli ribatte: «Buono a nulla, dove hai imparato il valore di cento?». Con la faccia a terra,
l’indemoniato rispose: «Con questo nome tu mi hai afferrato». Pacomio gli domandò:
«Dove sei andato a bere acqua?». Gli rispose: «Nel mare». E il nostro padre: «Spirito
impuro, dimmi la verità, dove sei andato a bere?». Quello rispose umilmente: «Sono
andato a bere in mare nel fondo». E allora il nostro padre: «Dimmi, chi ti ha dato il
permesso di entrare in quest’uomo per tormentarlo?». Lo spirito impuro rispose: «Colui
che è stato crocefisso: è lui che mi ha dato potere su quest’uomo». Il nostro padre gli
rispose per la quinta volta: «Spirito perverso, se è lui che ti ha dato questo potere,
mostrami i chiodi piantati sul crocefisso». A queste parole il demonio digrignò i denti
dicendo: «Mi hai vinto e confuso anche in questo». Allora il padre giusto stese le
braccia e invocò Dio tra grandi preghiere e abbondanti lacrime, dicendo: «Ti prego, mio
Gesù Cristo, per il tuo servo; nella tua abbondante misericordia, o amante degli uomini,
getta uno sguardo su di lui e guariscilo da questo demonio perverso, perché egli è stato
creato a tua immagine e somiglianza; a te solo, infatti, spettano la gloria, l’onore e la
potenza, insieme con il tuo buon Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre, nei secoli dei
secoli. Amen». Quando ebbe pronunziato l’«amen», segnò l’indemoniato con il nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; poi rimproverò lo spirito impuro, che subito