Page 65 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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penitenza per i tuoi peccati? Ora, dunque, vai subito a farti monaco presso Pacomio in
Tabennesi e abbi cura della tua anima, prima di morire e di venire gettato nei tormenti a
causa dei tuoi peccati. Ebbene, reverendo padre, eccomi: vengo a te con l’intenzione di
farmi monaco». Il nostro padre Pacomio disse: «Ci rallegriamo con te perché tu desideri
salvarti, secondo la voce udita dal Signore. Quando avremo veduto che tu procedi nel
modo che ti avrò raccomandato, sarò disposto a prendermi cura di te, come un padre,
secondo quanto esige la tua salvezza. Soltanto, non avere nessuna preoccupazione di
questo mondo, se non il pensiero di Dio e il suo timore nel cuore, e impegnati
unicamente per la salvezza dell’anima». L’uomo rispose: «Quando mi avrai messo alla
prova, credo che Dio ti darà ogni sicurezza su di me, grazie alle tue sante preghiere,
reverendo padre». Il nostro padre Pacomio lo fece immediatamente monaco.
Quest’uomo, entrato nel monastero, vide l’impegno dei fratelli, la loro umiltà secondo
Dio, il loro amore per Lui, e si dedicò anche lui a numerosi esercizi ascetici, a grandi
digiuni e a veglie, umiliandosi come un bambino ingenuo e senza malizia. Se qualcuno
gli rivolgeva una parola dura, lo colpiva o lo insultava, non se ne affliggeva né si
irritava. Diceva tra sé: «Anch’io nella vita passata ho irritato il Signore con le cattive
azioni che commettevo, ed egli non mi rendeva il contraccambio; anzi, mi ha fatto
piuttosto del bene, avendomi riportato sulla via della vita; ed ecco, non saprei
sopportare una piccola pena o un rimprovero rivoltomi! Non saprei sopportare che un
mio fratello mi faccia questo!». Quando vedeva dei fratelli discutere o litigare, si
presentava ad essi con grande umiltà, dicendo: «Perdonatemi, fratelli, sono io che ho
sbagliato». Subito quelli si mettevano a ridere e cessavano di discutere.
116. Nella comunità, viveva pure a quell’epoca un fratello anziano eremita; era in
mezzo ai fratelli, e digiunava un giorno ogni due o tre, portando per tutta la vita una
tunica di sacco, e non mangiando nient’altro che pane o sale. Tuttavia, se un fratello gli
dava pena in qualche modo, lo odiava e conservava contro di lui un continuo
risentimento, fino a rendergli male per male.
Erano tutti e due morti quando il nostro padre Pacomio, come abbiamo raccontato, fu
rapito nel secolo futuro. Vide il giovane sempliciotto, che aveva passato quattro mesi
nell’ascesi, immerso in grande gioia e allegria. Questi, visto il nostro padre Pacomio che
avanzava con l’angelo che lo informava sulla bellezza dell’altro secolo, gli corse
incontro e lo tirò a sé dicendo: «Vieni a vedere la condizione in cui il Signore mi ha
posto, grazie ai buoni insegnamenti con i quali mi hai insegnato a camminare, o mio
santo padre». E gli mostrava i giardini, con i frutti che rimanevano incorruttibili, e il suo
luogo di residenza e le case ivi costruite, di una bellezza inesprimibile: tutto era pieno
della gloria del Signore. Mostrò tutta la sua residenza all’uomo di Dio, questi si rallegrò
fortemente per lui.
Dopo di ciò, un po’ fuori del Paradiso di delizia, videro il vecchio asceta. Si trovava in
un luogo bruciato dal calore, ed era attaccato come un cane ad un albero carico di frutti;
viveva di questi, senza che gli fosse possibile svincolarsi dall’albero. Quando li vide,
abbassò la testa, arrossendo mentre passavano davanti a lui; essi lo osservarono con
grande tristezza. Allora il fratello sempliciotto disse al nostro padre Pacomio: «Hai visto
il vecchio asceta? Tu ti sei fiaccato per istruirlo, ma non ti ha obbedito per camminare
nell’umiltà! Ebbene, ora guardalo; guarda la punizione, che il Signore gli ha inflitto