Page 60 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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Quando avrò finito di osservare tutto ciò che mi è stato ordinato, avrò appena meritato
di avere la vita e sfuggire al fuoco inestinguibile e al verme instancabile dei castighi. Se
dei fratelli ti vedessero praticare l’ascesi e ti elogiassero, senza conoscere le iniquità che
hai commesso, dovrai dirti tra le lacrime: Signor mio Gesù, se sapessero quali azioni
cattive ho commesso giorno e notte, e quali impurità e abominazioni commetto ancora,
non soltanto non mi rivolgerebbero parole di elogio, ma non mi rivolgerebbero neppure
uno sguardo, a causa del cattivo odore dei peccati commessi. Considera bene e stai in
guardia; non permettere che alcun pensiero d’orgoglio e di vanagloria riempia il tuo
spirito, per non aggiungere peccato a peccato, e venir gettato nei tormenti eterni. Se
qualcuno ti insulta o ti fa del male, sopporta con gratitudine e pensa: Ho suscitato
spesso la collera di Dio con le mie azioni perverse ed abominevoli. Sii sottomesso ed
obbediente ai tuoi fratelli, in umiltà e mansuetudine e senza mormorare, secondo le
regole che ci sono imposte nella congregazione, affinché Dio, vedendo la tua umiltà e i
tuoi sforzi, ti perdoni i peccati, le iniquità e le abominazioni che hai commesso giorno e
notte, e non ti getti nei castighi eterni. Fai tutto nel timore del Signore: non fare nulla
per la gloria umana, per paura che la tua fatica sia vana, e il diavolo ti domini ancora e
tu sia di nuovo al suo servizio».
Costui, dopo aver inteso tutto ciò dalla bocca del nostro padre Pacomio, si diede a
grandi ascesi, cosicché tutti i fratelli ammiravano i suoi sforzi; nessuno sapeva che era
stato il nostro padre a raccomandargli tali esercizi, ma credevano che li facesse
spontaneamente. Non vi era nessuno che sapesse delle impurità che aveva commesso
prima di farsi monaco, tranne il nostro padre Pacomio e il fratello che lo aveva condotto
da Alessandria. Pacomio, uomo veramente giusto, aveva proibito al fratello di farne
parola con chiunque. Questo alessandrino era giovane robusto: passò nove anni
dedicandosi a grandi ascesi, ma senza temere il Signore e senza pentimento; si dava
ancora in preda a cattive passioni e a piaceri abominevoli.
Trascorsi nove anni in tale ascesi costante, di nuovo, secondo la sua inclinazione
impura, si lasciò andare a tendere tranello ad un’anima, per ucciderla. Il nostro padre,
che ne era al corrente, grazie allo Spirito che risiedeva in lui, vide il demonio
nell’uomo, che aveva accettato i cattivi pensieri e che aveva cominciato a compiere
grandi e detestabili iniquità, per consiglio di suo padre, il diavolo. Allora lo chiamò in
mezzo ai fratelli e lo interrogò su quanto gli era venuto in mente di compiere, senza
riguardo al Dio vivente. Egli si turbò, al vedere il timore di Dio sul volto di nostro padre
e confessò subito il peccato che aveva acconsentito a commettere. Il nostro padre
immediatamente lo cacciò dalla comunità, e i fratelli, udito ciò, pieni di rispetto per la
grazia di Dio, che dimorava in nostro padre Pacomio, glorificarono il Signore.
108. Un altro giorno, il nostro padre Pacomio, insieme ad alcuni fratelli, andava verso
sud alla raccolta della canapa. Giunti all’altezza di Tabennesi, desiderò visitare i fratelli.
Dopo aver fatto la preghiera e averli abbracciati tutti, si accorse che alcuni erano feriti
da un peccato diabolico. La notte, invocò il Signore per loro, dicendo: «Signore Dio
onnipotente, padre del nostro Signor Gesù Cristo, tu che sei benedetto, tu hai fondato
questo luogo santo, cioè questa santa congregazione, prestabilita già dai nostri padri, i
santi apostoli, che hai scelto ed amato... In essa ci hai collocato per vivere in piena
purità, per glorificare e benedire il tuo nome dei secoli dei secoli, amen. Preghiamo la
tua Maestà e la tua Carità, o Dio, per questo miserabile che è tra noi: si è mostrato