Page 64 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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l’anima si riavvicinò al corpo, tutte le membra si aprirono segretamente; l’anima si
rimise di nuovo nel suo corpo, e questo ritornò alla vita. Mentre gli angeli
riconducevano l’anima di Pacomio, i fratelli, che stavano presso di lui, dormivano.
Dopo di ciò, altre volte ancora lo portarono in Paradiso. In che modo? Lo sa Dio, come
dice l’apostolo Paolo: Se con il corpo, o senza il corpo, lo ignoro; lo sa Dio. È così che
costui fu condotto al terzo cielo, e udì parole segrete che non è permesso a un uomo
ripetere. Così, anche il nostro padre Pacomio, mentre veniva condotto in Paradiso, vide
le città dei santi, di cui non è possibile descrivere le costruzioni, i monumenti, i beni
destinati dal Signore a quelli che lo amano. E si ricordò di ciò che il Signore disse nelle
parabole del Vangelo, e di come si rivolse ai servitori le cui mine ne produssero alcune
cinque, altre dieci: Entrate nella gioia del vostro padrone; e ancora: Diede ad uno
potere su dieci città, all’altro, su cinque.
Quel «secolo» ha un clima molto temperato, e la sua superficie è senza limiti. Gli alberi
da frutto e le vigne producono un nutrimento spirituale, e sono incorruttibili. I frutti
degli alberi di questo secolo sono cose vili e disprezzabili di fronte alla varietà di quelli
Ad ogni albero e pianta che cresce nel Paradiso, non mancano mai frutti che spandano
un abbondante profumo. Non è possibile all’uomo sopportare questo profumo senza
venir meno, a meno che Dio non gli doni la forza. Quel «secolo» si trova sopra la terra e
sopra il firmamento; quel paese è molto sopra le montagne. Le luci, che sono nel
firmamento e che illuminano la terra, non sono le stesse che illuminano quel secolo; è il
Signore che lo illumina, come dice Isaia: Non è la luce del sole che ci illumina di
giorno, né la luce della luna che ci illumina di notte, ma il Signore sarà la nostra luce
per sempre. Là non c’è né giorno, né notte, ma una luce abbondante e indefettibile. Le
sue frontiere sono così vaste, che questo mondo non è nulla rispetto ad esso. Un po’
fuori del Paradiso, vi sono alberi da frutto e vigne del tutto simili a quelle di questo
mondo. Quando nostro padre Pacomio le vide, pensò tra sé: «Forse, dopo il diluvio, Noè
ne prese e le ripiantò nel mondo», ripensando alla parola scritta nel Genesi: Dopo la
loro uscita dall’arca, Noè e i suoi figli divennero agricoltori e piantarono una vigna.
Ma quel «secolo» è circondato di fitte tenebre, piene di bestiole molto piccole, cosicché
nessuno può penetrarvi a meno di essere accompagnato da un angelo di Dio.
Se raccontiamo queste cose, è perché abbiamo fede nella parola detta a Davide nel
salmo: O Dio, con i nostri orecchi abbiamo inteso, i nostri padri ci hanno raccontato,
l’opera che hai compiuta ai loro giorni, ai tempi antichi e per dire, anche noi: Ciò che
abbiamo udito e appreso, che i nostri padri ci hanno raccontato, non sfugga ai loro
figli, alla generazione futura
A proposito di due monaci
115. Dopo di ciò, giunse alla portineria del monastero un uomo che voleva farsi
monaco. Nostro padre Pacomio uscì per vederlo, e lo interrogò: «Vuoi farti monaco?».
Quello rispose: «Avevo questa intenzione tempo fa, ma la mia negligenza mi ha
trascinato verso le opere di questo vano mondo. Oggi, mentre camminavo, ho udito
sopra di me una voce, che mi chiamava per nome; ho risposto dicendo: Che cosa c’è, o
Signore? La voce ha continuato: Fino a quando sarai negligente e rifiuterai di fare