Page 67 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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suo  interesse  secondo  Dio;  non  ho  mai  reso  a  nessuno  male  per  male;  non  ho  mai
                  insultato nessuno che mi avesse insultato, per impazienza o per rabbia, ma lo istruivo
                  piuttosto con pazienza, dicendo: Che tu pecchi contro di me che sono un uomo, non
                  importa;  solo,  guardati,  dal  peccare  contro  Dio  che  ti  ha  creato.  Non  mi  sono  mai
                  indignato,  quando  qualcuno  mi  rivolgeva  rimproveri,  al  contrario,  accettavo  i  suoi
                  rimproveri per Dio, come se fosse il Signore a rivolgermeli; né, quand’ero sul punto di
                  partire per una località o monastero, ho mai chiesto, quale detentore d’autorità: Datemi
                  un asino, che lo monti, al contrario, me ne andavo a piedi con riconoscenza ed umiltà;
                  se uno di voi, quando ero per strada, mi correva dietro con un asino perché lo montassi,
                  se sapevo che il mio corpo era sofferente, e che era un caso di necessità, lo prendevo;
                  ma quando mi sapevo esente da malattia, non l’accettavo. Quanto al mangiare, al bere,
                  agli  unguenti,  e  alle  soddisfazioni  corporali,  voi  sapete  che  non  ne  ho  avuta  alcuna,
                  come vi ho detto prima».

                  Mentre il nostro padre diceva queste cose, Teodoro era seduto a poca distanza, con il
                  corpo raccolto tra le gambe, e piangeva; molti altri fratelli piangevano, conoscendo il
                  modo servizievole con cui agiva senza tregua verso tutti, e la grande umiltà mediante la
                  quale si faceva servitore di ciascuno di loro nel timore del Signore come dice Paolo:
                  Siamo diventati come fanciulli in mezzo a voi; come una nutrice riscalda i suoi piccoli,
                  vi  avremmo  dato  volentieri  non  solo  il  Vangelo,  ma  anche  l’anima,  tanto  ci  eravate
                  diventati  cari.  Il  nostro  padre  Pacomio,  mentre  diceva  questo,  giaceva  malato;  era  il
                  terzo giorno che passava senza mangiare. Tutti piangevano perché una grande disgrazia
                  li avrebbe colpiti, se il Signore l’avesse visitato.

                  Morte di Pafnuzio

                  119.  Apa  Pafnuzio,  economo  generale  dei  monasteri  e  fratello  di  apa  Teodoro,  era
                  ugualmente  malato;  la  sera  del  sabato  della  festa  del  Signore,  morì.  Subito  il  nostro
                  padre Pacomio si ricordò della parola dell’angelo: «Sarà portata via una grossa vittima
                  nella tua casa, il giorno della festa».

                  Numerosi fratelli morirono di quella malattia, al punto che ogni giorno ne moriva uno,
                  certi giorni due, altri giorni tre o quattro. Queste morti avvenivano in tutte le comunità
                  dei fratelli per ordine del Signore, ed anche molti igumeni dei monasteri soccombettero.
                  Nel  momento  in  cui  la  febbre  li  assaliva,  subito  cambiavano  colore,  i  loro  occhi  si
                  iniettavano di sangue, e diventavano come uomini strangolati, finché non rendevano lo
                  spirito.  Morirono  apa  Pafnuzio,  economo  generale  dei  monasteri  e  fratello  di  apa
                  Teodoro,  apa  Sourous,  igumeno  del  monastero  di  Pnoum  apa  Cornelio,  igumeno  del
                  monastero di Thmousons. Il numero totale di coloro che morirono di questa malattia fu,
                  per quelli che morirono a Pbow, di circa centotrenta uomini.

                  Morte di Pacomio

                  120. Nostro padre Pacomio, durante la lunga malattia, era servito da apa Teodoro – da
                  quaranta giorni era malato e ricoverato nel locale dove si trovavano tutti i fratelli malati
                  –; era curato in tutto come gli altri fratelli, senza che vi fosse la minima differenza tra
                  lui e loro, secondo le raccomandazioni che egli aveva fatto precedentemente. Se il suo
                  corpo  era  indebolito  per  la  lunga  malattia,  nondimeno  il  suo  spirito  e  i  suoi  occhi
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