Page 70 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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Secondo viaggio ad Alessandria di Zaccheo e Teodoro
125. Navigarono in direzione del nord, finché raggiunsero la città di Antinoè. Là fu loro
requisita la barca. I fratelli piansero e si afflissero molto. Dicevano: «Ecco veramente la
prova che Dio ci ha dimenticati, in seguito al decesso del nostro padre: mentre era
ancora tra noi, con il corpo, non ci era mai successa una simile avventura». Apa
Teodoro rispose incoraggiandoli: «Non abbiate paura, fratelli miei, perché il Signore
Dio, che è con tutti i santi e con il nostro padre, è con noi. Quando un uomo è amico di
un re, anche se è lontano, non teme nessuno, perché è amico del re; e non soltanto
nessuno potrà fargli del male, ma molti si inchineranno a lui per averne vantaggio,
perché sanno che il re gli vuoi bene; poi, se abbandona per qualche tempo la sua città e
se ne va nella città del re, non trarrà dalla sua vicinanza una sicurezza maggiore? E si
tratta di un re di questo mondo! E noi, se ii Re dei re, il Signore dell’universo, ci
accordava grandi benefici, quando nostro padre era sulla terra, per le preghiere e le
suppliche che sempre gli rivolgeva a nostro favore; ora che è vicino a Dio, egli non lo
esaudirà di più, visto che abita le tende dei giusti? Infatti, anche se Dio ci mette alla
prova senza portarci aiuto, non è segno di fede robusta il dire: Dio ci ha abbandonato,
perché ci hanno requisito la barca. Che cosa diremmo mai, se le autorità della terra ci
esiliassero fino a ridurci in schiavitù, come Daniele e i suoi compagni, riguardo ai quali
è stato detto: Abitavano alla corte dell’empio re Nabucodonosor, di cui erano schiavi?
Gli erano soggetti in tutto, tranne ciò che era peccato contro Dio. In seguito, quando il
re costruì una statua d’oro, disse loro: Se non l’adorate, vi punirò, ma essi preferirono
abbandonare i loro corpi al fuoco, piuttosto che rinnegare il Dio dei loro padri. Perciò
anche il beato apostolo Pietro dice: Umiliatevi davanti ad ogni creatura per Dio, sia il
re perché è il sovrano, sia il governatore perché delegato da lui a punire i malfattori e
per l’onore di coloro che fanno il bene. Ci sottomettiamo a costoro, affinché il timore
del Signore regni in noi, perché non venga rinnegato e non si pecchi contro di lui, a
causa degli uomini oggi costituiti in autorità temporale. È conforme anche alla parola
del beato Paolo: Sforzatevi, se è possibile, di essere in pace con tutti. Dicendo se
possibile, ci viene indicato chiaramente questo: se tu non pecchi contro Dio facendo
pace, allora fai pace con chiunque; ma se si tratta di eretico o di un altro individuo, e se
tu pecchi contro Dio facendo pace con lui, fuggi ben lontano, come chi fugge davanti al
serpente, per non morire del suo veleno».
I fratelli, ascoltando queste parole dalla bocca di apa Teodoro, furono molto consolati.
Alla sera di quel giorno, Teodoro disse ai fratelli: «Alziamoci e preghiamo il Signore,
che ci salverà da quelli che ci fanno il male». Essi si alzarono e levarono al Signore
grandi suppliche, così da prolungare la preghiera fino a mezzanotte. Il mattino del
giorno dopo, il comandante riunì tutti i suoi-ufficiali e parlò loro così: «Questa notte ho
visto delle cose spaventose, al punto che è mancato poco che mi fosse strappata via
l’anima. Forse questo mi è successo per la barca dei Tabennesioti, che avete requisita.
Correte, restituitela, perché sono servi di Dio». Subito i servi del comandante corsero
l’uno dietro l’altro, a ricevere la benedizione dei fratelli e a restituire loro la barca. Apa
Teodoro le fece fare un mezzo giro e poi disse ai fratelli: «Vedete come la bontà divina
ci ha accordato questo favore. Infatti, non è per le nostre buone maniere che siamo stati
trattati così, ma per il defunto nostro padre, che se ne è andato ai piedi di Dio, e anche
per le preghiere del nostro santo padre attualmente tra noi, apa Petronio, l’uomo giusto