Page 74 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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prodi.  Infatti,  dice:  Erano  tre  che  camminavano  bene  e  ancora:  Nessuno  si  arroghi
                  l’onore, ma chi è stato chiamato da Dio; e ancora: Essa è stata trasferita, è passata a
                  mio fratello da parte di Dio...».

                  133. In seguito, arrivò ai fratelli, da parte di apa Antonio una lettera che li consolava.
                  Diceva:  «Tengo  ad  informarvi,  fratelli,  che  quando  ho  appreso  che  era  morto  apa
                  Petronio, lui che era stato posto a capo della congregazione dal nostro padre Pacomio,
                  mi sono afflitto, temendo che i fratelli diventassero orfani. Mentre ero ancora immerso
                  in grande tristezza, venni a sapere che Dio aveva suscitato nella sacra congregazione un
                  altro padre potente, di nome Orsiesi, capace di prendersi cura delle vostre anime e dei
                  vostri  corpi,  grazie  allo  Spirito  di  Dio  che  abita  in  lui.  Nella  vostra  pietà,  si  trova
                  compiuta la parola di nostro Signore: Non vi lascerò orfani, tornerò a voi. Ora dunque,
                  santi fratelli, non chiamatelo Orsiesi, ma l’Israelita cioè colui che vede Dio attraverso
                  gli  occhi  interiori  come  attraverso  quelli  esteriori.  Voi  dunque  fratelli,  siate  felici,
                  perché Dio vi ha resi degni di un padre potente nello Spirito di Dio. Pregate dunque il
                  Signore, Dio del nostro padre Pacomio, perché vi rinsaldi nella sua pace, e perché gli
                  siate sottomessi con tutti i santi. A tutti voi, salve!».

                  In seguito, scrisse un’altra lettera all’atleta di Cristo Teodoro, invitandolo a consolare
                  anche lui i fratelli, con parole gioviali, della morte sia del loro padre, sia di colui che
                  aveva  stabilito  come  suo  successore.  Diceva  così:  «Non  ho  bisogno  di  scriverti,
                  riguardo  ai  fratelli  che  stanno  da  te,  perché  Dio  ha  dato  riposo,  ricevendoli  nella
                  gloriosa dimora, al loro padre e a colui che aveva stabilito come suo successore. Noi
                  siamo  stati  nel  dolore  per  loro,  chiedendoci  se  la  congregazione  non  stava  per
                  disgregarsi, o se i fratelli non diventavano orfani; poi, grazie alle tue preghiere, abbiamo
                  saputo  che  apa  Petronio  aveva  stabilito  un  altro  al  suo  posto,  cioè  Orsiesi.  E  noi
                  abbiamo grande fiducia che questi diventerà un grande luminare della congregazione, e
                  che molti riceveranno consolazione, forza ed edificazione dalle sue labbra e dalle parole
                  di grazia, che il Signore vi porrà. Ebbene, costui noi vogliamo chiamarlo l’Israelita. Noi
                  invitiamo dunque la tua Eminenza a consolare i fratelli che stanno presso di te, e ad
                  inculcare loro fiducia in apa Orsiesi. Soddisfa in tutto i loro bisogni. Prega per noi, luce
                  inestinguibile, fonte di intelligenza, orgoglio dei santi. Salve!».

                  134.  Quando  arrivò  ad  Alessandria  la  lettera  che  apa  Antonio  aveva  scritto  loro  per
                  consolarli, apa Teodoro, apa Zaccheo e gli altri fratelli furono molto contenti, tanto più
                  che aveva scritto anche all’arcivescovo, padre della fede, per raccomandarli come figli
                  dell’Israelita,  e  perché  li  trattasse  con  grande  benevolenza.  I  fratelli  dissero  ad  apa
                  Teodoro:  «Siamo beati, poiché meritiamo che questi grandi luminari si interessino di
                  noi,  e  si  prendano  cura  delle  nostre  anime,  per  il  loro  grande  affetto  verso  il  nostro
                  padre». Apa Teodoro rispose: «Le pene e le lacrime del nostro padre e quelle del santo
                  apa Petronio diventano per noi ambasciatori, in ogni luogo; di più, ecco che il nostro
                  padre Orsiesi diventerà anch’egli il vivificatore delle nostre anime. Vi assicuro che ho
                  sentito dire dal nostro padre, ed anche gli anziani di quel tempo l’intesero: Attualmente,
                  nella nostra generazione d’Egitto vedo tre cose di capitale importanza, che prosperano
                  con  l’aiuto  di  Dio  e  degli  uomini:  la  prima  è  il  beato  atleta,  il  santo  papa  Atanasio,
                  arcivescovo di Alessandria, che combatte fino alla morte per la fede. La seconda  è il
                  nostro  santo  apa  Antonio,  che  è  la  forma  perfetta  della  vita  anacoretica.  La  terza  è
                  questa congregazione, modello per chiunque voglia riunire delle anime secondo Dio,
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