Page 59 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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di farsi monaci, ne rimandi indietro la maggior parte e rifiuti di accettarli. Per qual
motivo non li accetti e dici loro: Non c’è penitenza oppure non sono venuti di tutto
cuore, a farsi monaci?». Allora il nostro padre Pacomio rispose: «Hai forse pensato che
io disprezzi l’immagine di Dio? No affatto; piaccia a Dio che io non disprezzi nessuno!
Tutti coloro che non accetto sono zizzania sul tipo di quello di cui ti ho parlato; per
uomini di questo tipo è difficile comportarsi bene nel cenobio, a causa delle passioni
che li dominano. Non è possibile che qualcuno, a meno che non sia uno in cui abita il
Signore, li corregga al punto da farli pentire dei peccati e delle abominazioni commesse.
Ti assicuro che, se rivelasse le loro azioni ai fratelli, per indurli a pregare per loro, non
soltanto non pregherebbero, ma li disprezzerebbero e rifiuterebbero persino di mangiare
con loro. Ecco perché non li accettiamo: nessun fratello deve, a causa loro, cadere nella
malvagità ed avere il cuore indurito, incappando nei lacci del demonio. Quanto a me,
talvolta accetto qualcuno di questo genere, e lotto a lungo per salvarlo dalle mani del
nemico. Li devo avvicinare spesso, giorno e notte, finché siano salvi, il Signore li visiti
ed abiti in loro. E lo faccio per adempiere la parola dell’Apostolo, per essere suo
discepolo: Né i molli, né i pederasti possederanno il regno di Dio; e ancora: Voi eravate
tali; ma siete lavati nel nome di nostro Signor Gesù Cristo e lo spirito del Dio nostro.
Quanto al discernimento di coloro che non accetto, lo faccio nel mio cuore per non
essere come quel contadino che voleva pulire tutto il terreno incolto, sabbioso e coperto
di spine, ma, per fare ciò, era costretto a trascurare il terreno buono, dato che non
arrivava a tutto: questo è il mio modo di agire. Io mi dico: non bisogna che mi occupi
degli impuri, fino a trascurare i puri, con il rischio di farli cadere nell’impurità. Così,
con la grazia di Cristo, coltivo nei precetti della vita eterna le anime pure; quanto agli
impuri, quelli che riesco a vivificare cerco di farli passare dalle malvagità al servizio del
Signore.
A quelli, poi, che rimando indietro, dico: Poiché hai peccato per ignoranza e
accecamento, hai la possibilità della penitenza, ma non puoi salvarti nel cenobio: vai da
qualche parte a condurre vita anacoretica, in esercizi di ascesi sempre maggiori; digiuna
e prega davanti al Signore, giorno e notte, con abbondanza di lacrime, affinché ti
perdoni i peccati commessi. Sorvegliati attentamente per non ritrovarti nelle stesse
impurità, e non acconsentire ai pensieri cattivi che il demonio ti manderà perché tu li
realizzi. Queste parole le ripeto a ciascuno, per essere innocente del loro sangue davanti
a Dio nel giorno del giudizio giusto, e perché non possano dire: Non ci hai dato modo di
far penitenza».
L’uomo di Alessandria, di cui aveva detto che era zizzania, Pacomio lo prese in
disparte. Lo introdusse dai fratelli e gli impose esercizi ascetici prolungati per riuscire
ad evitare i castighi eterni; gli raccomandò vivamente di digiunare ogni giorno fino a
sera e di non mangiare cibi cotti. Gli disse: «Se ti capita di essere malato, non crederlo;
a meno che io non sia stato avvertito ed abbia prima esaminato il caso, per sapere se la
malattia viene da Dio o dai demoni che ti tendono un tra nello per riprenderti sotto il
loro dominio, attraverso le cattive azioni nelle quali hai vissuto nel mondo. Se
constaterò che è una malattia agli occhi di Dio, darò ordine ai fratelli di curarti fino alla
guarigione. Soltanto, custodisci l’anima e il corpo in completa purità, senza
accondiscendere ai pensieri perversi che il diavolo ti getta nel cuore. Sii sollecito alle
veglie, pregando Dio e versando lacrime, con tutto lo slancio di cui sei capace, affinché
lo spirito perverso cui hai servito da dimora, si allontani da te. Sii umile di cuore e dì: