Page 53 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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tutte le cose sono al tuo servizio».
Pregava pure «per i re e per tutti coloro che sono costituiti in autorità, come dice
l’Apostolo, secondo le parole che Salomone attribuisce al Signore: È a causa mia che i
re regnano, che i tiranni hanno in mano la terra; affinché il Signore li custodisca
nell’amore per Dio e per gli uomini, e rendano giustizia agli oppressi, e camminino
anch’essi con fiducia fra i santi che hanno compiuto la volontà di Dio e possano ripetere
anch’essi le parole di Isaia: Il Signore è nostro Dio, il Signore è nostro giudice, il
Signore è nostro capo, è il Signore che ci vivifica». Pregava perché disprezzassero il
regno di questo mondo, che non è se non temporaneo, per divenire eredi del regno dei
cieli, che dura in eterno; perché assomigliassero ai re giusti, Davide, Ezechia, Giosia e
gli altri che, come loro, praticarono la giustizia.
Infine pregava pure per il clero della chiesa cattolica, dicendo: «Sebbene siano miei
padri, pure è mio dovere ricordarli e pregare per loro, come ci invita l’Apostolo: Fratelli
miei, pregate per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola. Era questo il modo
in cui Pacomio pregava per tutti.
Negligenza di dieci monaci
102. A Pbow, dieci fratelli vivevano in modo negligente: il loro cuore era
continuamente in preda a pensieri di impurità ispirati da Satana. A causa di questi
pensieri impuri, non avevano fede negli insegnamenti del nostro padre Pacomio, e gli
resistevano in molte cose. Il nostro padre se ne affliggeva e pregava Dio giorno e notte
per la salvezza delle loro anime; ricordava la grande pena che si era data per loro fin dal
tempo della giovinezza; soprattutto, sapeva che non avevano sporcato il corpo con
azioni impure. Mentre stava pregando perché fossero salvi, una collera proveniente dal
Signore investi, a causa di quei negligenti, tutti i fratelli; due angeli vendicatori gli
piombarono addosso, durante la preghiera, cercando di togliergli l’anima, poiché
pregava per degli individui che disprezzavano i suoi insegnamenti. Uno degli anizani si
rivolse al nostro padre, e chiese: «Perché ti dai tanta pena per costoro? Ecco che, a
causa loro, per poco non ti viene tolta l’anima. Sarebbe meglio cacciarli via, piuttosto
che vedere Dio adirato con te, per la tua pazienza verso di loro, che non fanno nulla per
sfuggire alla collera di Dio». Pacomio gli rispose: «Spirito misero e limitato! Che
significa cacciarli via? Non hai sentito dire ciò che fece a suo tempo Mosè – i santi,
infatti, sono i nostri modelli –, come diede la propria anima per il popolo che aveva
peccato e disse: Signore, ecco che li vuoi distruggere: distruggi me, invece di
condannare loro». Così il nostro padre Pacomio soffriva per loro, perché si pentissero,
facessero penitenza e si mettessero a lavorare per la propria salvezza.
Dopo qualche tempo, il nostro padre incontrò uno di quei fratelli e gli chiese
allegramente: «Figlio mio, come stai, tu e i tuoi fratelli?». Gli rispose: «Grazie a Dio e
alle tue sante preghiere, in questi giorni il mio cuore è tranquillo». L’uomo di Dio
riprese: «Nei giorni in cui credevi di soffrire a causa nostra, i demoni ti combattevano,
perché non riuscivano a trovare un luogo di riposo in te. Come un soldato, che vuole
penetrare in una casa per prendervi dimora, si accanisce brutalmente senza riuscirvi,
finché la casa è barricata. Se però quelli che sono dentro si spaventano e gli aprono, una
volta dentro, non è più turbolento, ma si riposa tranquillamente. È così anche per te: una