Page 50 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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e non sapeva che erano angeli. I loro discorsi lo consolarono. Qualche istante dopo, il
traghettatore attraccò: si imbarcarono tutti insieme, ma, raggiunto l’imbarcadero,
Teodoro guardò e non vide più i vecchi monaci. Subito comprese che erano angeli di
Dio, e si mise per strada piangendo, per la dolcezza dei discorsi che aveva raccolto dalla
loro bocca, finché raggiunse Thmousons. Arrivato dai fratelli, questi lo abbracciarono
con grande allegrezza e si felicitarono con lui; egli li passò in rassegna, secondo l’ordine
del nostro padre Pacomio, e se ne ritornò poi a Pbow tutto consolato. Tuttavia era pur
sempre afflitto e piangeva senza posa, dicendo: «Ho peccato, lasciandomi venire in
cuore quella vanagloria».
96. La piccola barca era sui punto di salpare per Alessandria, quando un vecchio
seniore, di nome Zaccheo, superiore dei fratelli barcaioli, andò a trovare nostro padre
Pacomio; e lo pregò di mandare Teodoro ad Alessandria con lui, perché si mettesse al
servizio dei fratelli barcaioli, ed avesse così un po’ di conforto nella sua tristezza. Erano
tante, infatti, le sue lacrime, che c’era da temere che gli occhi ne soffrissero. La
proposta piacque a nostro padre Pacomio, che mandò Teodoro ad Alessandria con
Zaccheo; scrisse una lettera al santo padre, l’arcivescovo Atanasio.
In barca, Teodoro si comportava molto umilmente con i fratelli, stando a testa bassa,
sottomesso a tutti come un fanciullo. Quando si mettevano a tavola per mangiare, i
fratelli gli facevano posto perché si servisse per primo, ma egli non acconsentiva, se
prima non erano serviti tutti; poi mangiava, recitando senza posa la parola di Dio;
spesso passava anche tutta la notte a recitare le Scritture. Durante il viaggio, tutte le
volte che si abbordava la riva, era Teodoro a saltare a terra per primo, per legare la
barca al picchetto. Quando poi lo mandavano in qualche villaggio con un altro fratello,
egli si raccomandava: «Se vuoi farmi un piacere, quando qualcuno ci accosta e ci saluta,
rispondi tu». I fratelli lo accontentavano, comprendendo che il suo desiderio era dovuto
alla grande umiltà. Arrivati ad Alessandria, l’arcivescovo lo vide e ne provò
ammirazione: scrisse a nostro padre Pacomio, lodandogli Teodoro, perché ne aveva
sentito parlare spesso, e desiderava conoscerne la condotta.
Quando la barca tornò a sud, il nostro padre Pacomio, abbracciando Teodoro, Zaccheo e
tutti gli altri fratelli, domandò: «Come va la chiesa?». Gli risposero: «Grazie alle tue
preghiere, e all’aiuto di Dio, la pace si avvicina». Pacomio, infatti, era afflitto per la
chiesa, perché gli Ariani le si erano levati contro come dei briganti; e pregava molto il
Signore per la pace della sua chiesa cattolica travagliata, triste per il popolo di Dio così
maltrattato e privato dell’arcivescovo Atanasio, il Cristoforo. Diceva: «Il Signore, dopo
aver permesso queste cose per mettere alla prova i fratelli, farà presto vendetta di questi
malfattori, come si meritano».
Umiltà di Teodoro
97. A proposito di Teodoro, Pacomio disse poi ai fratelli: «Non pensiate che Teodoro
abbia subìto una diminuzione di fronte al Signore, per essere stato messo pubblicamente
in disparte di fronte agli uomini. Per nulla; al contrario, i suoi progressi sono stati molto
maggiori di prima, grazie all’umiltà con cui ha sopportato tutto. Ricordate che si
compirà per lui la parola del Vangelo: Chi si abbassa, sarà innalzato. In realtà, Teodoro
ed io stiamo compiendo lo stesso lavoro, e nello stesso spirito». Teodoro camminava