Page 47 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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rispose: «Ecco che da sette anni ti seguo e tu mi mandi spesso a visitare i fratelli e a
fissare loro delle regole, come tuo rappresentante; tuttavia non mi era mai venuto allo
spirito questo pensiero, che sarei stato io, dopo di te, il loro padre; ma, dato che i fratelli
insistevano, ho acconsentito. Se negassi e dicessi di non avere accettato, sarei mentitore
davanti a te per tutta la vita e si compirebbe su di me la parola della Scrittura: Il Signore
farà perire chiunque proferisce menzogna». Il nostro padre rispose a Teodoro in
presenza di tutti i fratelli: «Io ti dico: da oggi non avrai più potere su nessuna questione
dei fratelli; va’ in un luogo isolato e prega il Signore, finché non ti avrà perdonato ciò
cui hai acconsentito». Teodoro se ne andò in un eremo e pianse davanti al Signore
giorno e notte con lacrime abbondanti e sospiri Non piangeva per essere stato privato
del suo rango, ma a causa del pensiero cattivo cui aveva dato spazio in sé.
Ma un fratello, vistolo così afflitto e piangente, disse fra sé: «Non bisogna che a causa
di questa afflizione, si allontani da noi!». Quando Teodoro usciva di notte dal ritiro per
qualche sua necessità, questo fratello lo seguiva, come per sorvegliarlo, per paura che se
ne andasse altrove. Ma Teodoro non ebbe mai la benché minima intenzione di
allontanarsi dai fratelli: quando rientrava nel suo eremo pregava il Signore riguardo al
fratello, dicendo: «Signore, Dio del mio padre Pacomio, libera questo fratello dal cattivo
pensiero che gli è venuto in cuore, che io, cioè, starei per abbandonare i fratelli a causa
di un piccolo rimprovero del mio padre. Piaccia al cielo che non mi capiti mai nulla di
simile!». Più tardi, quando suonò per la sinassi, Teodoro avanzò in mezzo ai fratelli e
disse: «Pregate per me, perché il mio Signore Gesù mi perdoni; mi sono infatti inebriato
del vino della abominazione di cui ho bevuto inconsciamente». Poi si prostrò e pianse.
Alla vista dell’abbondanza delle sue lacrime, tutti i fratelli si misero a piangere con lui.
Finita questa confessione, ritornò nel luogo del suo ritiro a piangere davanti al Signore,
come gli era stato ordinato da nostro padre Pacomio. Infatti, passando accanto
all’eremo, i fratelli lo sentivano piangere, e anch’essi piangevano molto per lui.
Molti fratelli anziani andavano a trovarlo per incoraggiarlo, e gli dicevano:
«Probabilmente, sei triste e piangi perché il nostro padre Pacomio ti ha privato della
posizione che occupavi». Ma Teodoro non approvava queste parole carnali, e diceva in
tutta umiltà: «Io non piango per il motivo che il demonio vi ha insinuato: piango per il
peccato che ho commesso davanti al Signore». Ed essi, credendo così di fargli coraggio,
cominciarono a criticare davanti a lui il nostro padre Pacomio, dicendo: «Ma che colpa
hai commesso, perché egli ti trattasse così? Non è forse evidente che sarai tu il suo
successore? Perché mai ti ha privato del tuo rango?». Ma Teodoro, al sentire queste
parole, diventò come uno che viene immolato. Perché mai si criticava davanti a lui
l’uomo di Dio? E cercava di convincere i fratelli: «Non crediate che non lo meritassi,
no. Tutto questo l’ha fatto per la salvezza della mia anima, perché io sia degno del
Signore». Convinti della sua umiltà, lo lasciarono, glorificando il Signore che era in lui
e avendo trovato grande profitto nelle sue parole.
Un altro fratello, pio e asceta, di nome Titoue, andò a trovano e gli fece coraggio
dicendo: «Teodoro, non ti addolorare per ciò che il nostro padre ti ha fatto. Lo sa il
Signore, se perseveri in umiltà ringraziandolo per ciò che ti è capitato, un giorno sarai
felice anche tu, come lo fu il giusto Giobbe». Gli disse molte altre parole di
incoraggiamento, poi lo lasciò e tornò alla sua dimora. Teodoro profittò delle parole di
Titoue, come gliele avesse dette il Signore. Si mise a pregare, e, preso in mano un libro,