Page 45 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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rispose: «La loro purità è considerevole sotto tutti gli aspetti e la loro scienza è altissima
                  di fronte a chiunque». In quel momento, il padre teneva in mano un bastoncino con il
                  quale picchiò due volte per terra dicendo: «Se si innaffia questo terreno e lo si concima,
                  non ne nasceranno forse delle erbe? È così anche di questo corpo: se lo facciamo godere
                  con cibi, bevande ed agi, gli sarà impossibile conservare la purità. La Sacra Scrittura
                  dice  infatti:  Coloro  che  sono  di  Cristo  hanno  crocefisso  la  loro  carne  con  le  sue
                  passioni e le sue concupiscenze».
                  Inteso  ciò,  Teodoro  rimase  perplesso.  Qualche  tempo  dopo,  alcuni  fratelli,  come  al
                  solito, si recarono ad Alessandria. Tornati al sud, Teodoro li interrogò a proposito dei
                  fratelli,  che  conducevano  vita  anacoretica:  «Come  vanno  attualmente?».  Lo
                  informarono che alcuni erano stati sorpresi in peccato di impurità e che altri godevano
                  di una cattiva reputazione presso i secolari per le loro sozzure. All’udire ciò, Teodoro
                  ammirò le parole che aveva inteso dal nostro padre Pacomio, quando aveva paragonato
                  la terra ai monaci che vivono comodamente. Subito si alzò, si prostrò e baciò i piedi del
                  nostro padre in segno di ammirazione per la grande scienza di Dio che possedeva. In
                  virtù  di  essa  aveva  predetto  che  è  impossibile  per  coloro  che  mangiano  e  bevono,
                  praticare una perfetta purità. E fu così che Teodoro si esercitò sempre di più, grazie al
                  solido insegnamento che riceveva dalla bocca dell’uomo di Dio.

                  Quando il nostro padre si fu reso conto che Teodoro aveva fatto progressi nella scienza
                  di Dio, io nominò capocasa degli stranieri che venivano a farsi monaci; e si fece un
                  dovere di comprendere la lingua greca, per poterli spesso esortare sulle Scritture e per
                  poter insegnare a Teodoro la maniera di dirigere i fratelli posti ai suoi ordini.

                  90. Un giorno, Pacomio, preso Teodoro in disparte, gli disse: «Se vedi qualcuno nella
                  tua casa, negligente della sua salvezza, è cosa grave se non te ne occupi e trascuri di
                  istruirlo perché guarisca e salvi la sua anima. Se però quello si irrita, lascialo in pace, in
                  attesa che il Signore lo tocchi di compunzione. È come se qualcuno volesse togliere una
                  spina dal piede di un uomo: se si estrae ed esce il sangue, egli ne è sollevato; se invece
                  non si riesce a toglierla, ma si conficca sempre di più, si applica al piede una medicina:
                  così, con pazienza, la spina esce da sé e l’uomo guarisce. È lo stesso nel caso di un
                  uomo in preda alla collera, se chi ne ha cura io contraddice; se questi invece è paziente,
                  gli  procurerà  gran  giovamento.  Quando  si  tratta  di  una  colpa  grave,  avvertimi:
                  applicherò io stesso il rimedio che Dio mi ispirerà. Abbi cura dei malati più che di te
                  stesso. Sii sempre temperante. Cammina con la tua croce, più che i fratelli, poiché hai
                  l’incarico di superiore. Sii per loro motivo di edificazione e modello in tutto. Se però
                  non sei in grado di regolare una questione e non sei capace di risolvere le sue difficoltà,
                  esponila a me, perché insieme troviamo la soluzione giusta e la mettiamo in pratica».

                  91. Un giorno Teodoro interrogò il nostro padre Pacomio su Cornelio: «Sento dire che
                  ha purificato il suo spirito a tal punto che non ha mai pensieri vani per tutta la durata
                  della sinassi. Anch’io mi ci sono provato spesso, ma a stento; fra tante preghiere riesco
                  a dime tre custodendomi dai pensieri, che mi assalgono lo spirito sotto tutte le forme».
                  Pacomio rispose: «Voglio soddisfare il tuo desiderio narrandoti una parabola, perché tu
                  abbia  più  coraggio.  Se  uno  schiavo  vede  un  uomo  anche  povero,  ma  libero,  senza
                  dubbio  desidera  avere  la  libertà  come  lui;  e  così  se  un  povero  vede  un  comandante,
                  desidera avere anch’egli il comando; e se poi un comandante vede un re, desidera a sua
                  volta diventare re come lui. Questo è il caso di Cornelio, che ha lottato per acquistare
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