Page 41 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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Assai  spesso  il  Signore  aprì  loro  gli  occhi:  videro  l’angelo  di  Dio  nel  santuario,
                  all’altare, in atto di distribuire i santi misteri a chi ne era degno, per mano di colui che
                  distribuiva, prete o vescovo. Se si  avvicinava per ricevere i  misteri  un indegno o un
                  impuro, l’angelo ritirava la mano ed era soltanto il chierico a darglieli.

                  84. Un altro giorno, il nostro padre Pacomio si recò in un monastero con un fratello per
                  visitare i fratelli e per una questione importante che riguardava un’anima; raccomandò a
                  Teodoro di sorvegliare i fratelli fino al suo ritorno. Teodoro la notte si alzò e passò per
                  la  comunità  a  vegliare  sui  fratelli;  si  mise  in  piedi  e  pregò.  Mentre  pregava,  l’estasi
                  scese su di lui ed ebbe questa visione: tutti i fratelli erano coricati come pecore e, in
                  mezzo ad essi, un angelo li guardava, disteso su di un fianco. A quella vista, Teodoro si
                  alzò  come  per  andargli  vicino;  questi  gli  fece  cenno  e  gli  pose  nel  cuore,  prima  di
                  esprimerla, la domanda: «Chi veglia sui fratelli, io o tu?». Teodoro si turbò e tornò al
                  suo posto dicendo: «Veramente noi non siamo pastori che in apparenza. Il vero pastore
                  che ci custodisce è l’angelo del Signore». Il costume dell’angelo splendente io rendeva
                  simile ad un soldato del re. Aveva in mano una spada di fuoco ed  era vestito di uno
                  sticario,  perché  non  portava  la  clamide.  I  suoi  medaglioni  erano  di  colore  bello  e
                  brillante, la cintura era larga circa un palmo, rossa, e lanciava bagliori.

                  85.  Un  altro  giorno,  il  nostro  padre  Pacomio,  mandò  Teodoro  nel  monastero  di
                  Tkasmin, a far visita ai fratelli e per una questione urgente che li riguardava. Mentre
                  pregava presso un fico, Teodoro guardò in lontananza e vide a otto sfo di distanza il
                  nostro padre Pacomio seduto a Pbow, che rivolgeva incessantemente la parola di Dio ai
                  fratelli; ne udiva anche le parole. Tornato a sud, si avvicinò a lui e gli riferì che io aveva
                  visto pregare e quali frasi aveva udito dalle sue labbra mentre si rivolgeva ai fratelli.
                  Pacomio rispose: «Teodoro, ciò che hai sentito è esattamente quanto ho detto».

                  86. Un giorno, ancora, mentre pregava solo, il nostro padre Pacomio cadde in estasi.
                  Tutti i fratelli stavano in piedi nella sinassi e nostro Signore, seduto su di un trono, ii
                  intratteneva  sulle  parabole  del  Vangelo.  Egli  udiva  nella  visione  sia  i  detti  che  il
                  commento. A partire da quel giorno, quando voleva rivolgersi ai fratelli con la parola di
                  Dio, si metteva nel posto dove aveva visto il Signore seduto a parlare ai fratelli. Ogni
                  volta,  ripeteva  i  detti  e  il  commento  che  aveva  udito.  Succedeva  che  le  sue  parole
                  producessero una gran luce, tanto che i fratelli diventavano come ebbri di vino, come
                  sta scritto: Il loro cuore sia gioioso come quelli che bevono vino. E Pacomio vedeva le
                  parole, uscite dalle sue labbra, prendere l’aspetto di uccelli d’oro, d’argento e di pietre
                  preziose, volare furtive al di sopra dei fratelli ed entrare nelle orecchie di coloro che
                  ascoltavano  bene.  Allora  egli  si  ricordò  di  ciò  che  il  nostro  Salvatore  ha  detto  nel
                  Vangelo: Le parole che vi ho detto sono spirito e vita.

                  Discernimento di Teodoro

                  87. Un’altra volta, Teodoro ed i fratelli, finito il lavoro, si accinsero a prendere il pasto
                  della sera. Teodoro fece cuocere un po’ di minestra, visto che parecchi di loro avevano
                  l’abitudine di non mangiare pane. Ve n’era uno di nome Platone, giovane e vigoroso,
                  combattuto dalle passioni della giovinezza. Gli venne voglia di mangiare della minestra.
                  Lo  spirito  di  Dio  gli  suggerì:  «Questo  piatto  è  stato  cotto  per  coloro  che  ne  hanno
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