Page 28 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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bagnati, mi sono bastati.

                  Parlò loro di nuovo: «Volete passare la notte in veglia?». Risposero di sì. Allora egli
                  disse: «Furono insegnate dal mio padre, il santo anziano apa Palamone, tre maniere di
                  vegliare. A mia volta voglio dirvele, perché ne scegliate una: o pregate dalla sera fino a
                  mezzanotte,  e  poi  vi  coricate  fino  all’ora  della  sinassi;  oppure  vi  coricate  fino  a
                  mezzanotte,  e  poi  pregate  fino  al  mattino;  oppure  fate  alternativamente  un  tempo  di
                  veglia e un tempo di  preghiera, dalla sera al  mattino». Scelsero  di  alternare sonno e
                  preghiera. L’uomo di Dio stabilì i momenti di veglia e quelli di preghiera secondo il
                  modo  indicato.  Uno  dei  fratelli,  che  cadeva  dal  sonno,  si  coricò,  solo  in  un  angolo;
                  l’altro  restò  a  pregare  fino  al  mattino  insieme  con  nostro  padre.  Giunta  l’ora  della
                  sinassi,  svegliarono  quello  che  si  era  coricato,  e  fecero  la  sinassi.  Colui  che  aveva
                  resistito fino al mattino si coricò a sua volta nel fondo della barca. L’altro che si era
                  coricato, remò con nostro padre finché giunsero a Tmousons.

                  Arrivato  al  monastero,  il  nostro  padre  abbracciò  i  fratelli,  e  apa  Cornelio,  da  lui
                  assegnato come loro superiore. Cornelio chiese ai fratelli arrivati in barca: «Che cosa ha
                  fatto,  in  questi  giorni,  il  nostro  padre?».  Gli  risposero:  «Questa  notte  ci  ha  dato  una
                  lezione». Allora egli disse: «Quale debolezza prende gli uomini di questo tempo! È mai
                  possibile che un vecchio privo di forze vi vinca, voi giovani!». La sera presero un pasto
                  modesto. Il nostro padre disse poi a Cornelio: «Se vuoi recitiamo qualche preghiera».
                  Apa Cornelio gli rispose: «Va bene». Così si alzarono e pregarono; restarono a pregare
                  fino all’ora della sinassi. Quando si suonò per la sinassi, apa Cornelio smise e disse a
                  nostro padre Pacomio: «Padre mio, che cosa ti ho fatto per meritare una simile lezione?
                  Non  mi  hai  lasciato  neppure  bere  un  po’  d’acqua  la  sera,  quando  mi  sono  alzato  da
                  tavola». Egli rispose: «Cornelio, è possibile che ti lasci vincere da un debole vecchio?».
                  Cornelio comprese allora che nostro padre era stato informato da Dio sul fatto di essersi
                  preso gioco dei fratelli, dicendo: Vi siete fatti superare da un debole vecchio. Si umiliò
                  allora davanti a lui dicendo: «Perdonami, Padre, capisco di avere peccato, parlando non
                  correttamente o». E andarono, dopo di ciò, a celebrare la sinassi.

                  60. Lasciato il monastero, andarono verso Tbeou. Il nostro padre fece visita ai fratelli,
                  poi  tornò  rapidamente  a  Pbow.  Giuntovi,  prese  presso  di  sé  Pafnuzio,  fratello  di
                  Teodoro, per farlo economo dei monasteri, perché era uomo di parola e di azione dotato
                  di tutte le virtù del Signore.

                  61. Un giorno, mentre Pacomio stava a letto ammalato, gli si preparò un po’ di buon
                  ragù, perché ne mangiasse, data la malattia. Quando vide quella salsa, disse a Teodoro:
                  «Portatemi  una  brocca  d’acqua».  Il  padre  versò  acqua  nel  ragù  e  lo  mescolò,  finché
                  l’olio che vi si trovava non fu scolato via. Poi disse a Teodoro: «Versami acqua sulle
                  mani,  perché  me  le  lavi».  Lavatesi  le  mani,  versò  acqua  sui  piedi  di  Teodoro,  che
                  domandò: «Che cosa hai fatto, padre mio?». Nostro padre Pacomio rispose: «Versando
                  acqua su questo piatto di legumi, ho eliminato la dolcezza del suo sapore, perché non
                  provocasse in me alcun appetito della carne; tu mi hai versato acqua sulle mani; io a mia
                  volta ti ho lavato i piedi. L’ho fatto per non essere condannato. Tu infatti mi hai servito,
                  mentre dovevo essere io stesso il servitore di tutti».

                  Astuzia di Teodoro
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