Page 19 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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questa inclinazione alle lacrime. Teodoro rispose: «Voglio, o padre, che tu mi dica che
vedrò Dio; altrimenti, che senso avrebbe essere stato messo al mondo?». Nostro padre
Pacomio gli chiese: «Vuoi vederlo in questo o in quell’altro secolo?» Teodoro rispose:
«Voglio vederlo nel secolo che dura in eterno». E nostro padre Pacomio: «Affrettati a
produrre i frutti descritti nel Vangelo: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. E se
ti viene nel cuore un pensiero cattivo, sia odio, o cattiveria, gelosia, invidia, disprezzo
verso un tuo fratello, vanagloria, ricordatene immediatamente e dì: Se consento a una
sola di queste cose, non vedrò il Signore». Udite tali parole dalla labbra di nostro padre
Pacomio, Teodoro si dispose a camminare in umiltà e purità, perché il Signore esaudisse
il suo desiderio di vederlo nel secolo dove non esiste vergogna.
34. Un giorno – era il primo anno – Teodoro era seduto nella sua cella ad intrecciare
cordami e recitava passi della Sacra Scrittura, che aveva imparato a memoria. Ogni
volta che il suo cuore ne sentiva l’ispirazione, si metteva a pregare. Stava così seduto
recitando, quando la cella si illuminò, ed egli ne fu vivamente sorpreso. Gli apparvero
due angeli splendenti, dall’aspetto di uomini. Atterrito, lasciò la cella e corse sulla
terrazza. Infatti non aveva ancora avuto visioni. Quando arrivò sulla terrazza, vi
giunsero anche gli angeli, che gli tolsero lo sbigottimento, affinché non avesse più
paura. Il più grande gli disse: «Stendi la mano, Teodoro». Egli stese la mano, e l’angelo
depose numerose chiavi nelle sue mani. Ricevutele, le mise nella destra, e, immerso
nello stupore per l’avvenimento, guardò di soppiatto, ma non vide più gli angeli;
guardandosi di nuovo le mani non vide più le chiavi. Non osò informare nostro padre
Pacomio di questa rivelazione, perché lo aveva sentito dire spesso: «Mi hanno dato
segretamente delle chiavi». Si disse: «Chi sono per mettermi sullo stesso piano
dell’uomo di Dio, io peccatore? È molto meglio, piuttosto, camminare nell’umiltà per
tutti i giorni della mia vita. Sappiamo infatti che questa è la volontà di Dio».
35. Durante la Quaresima, Teodoro andò dal nostro padre Pacomio e gli chiese: «Poiché
la settimana Santa è di sei giorni, nei quali si sono compiuti il nostro perdono e la nostra
salvezza, non sarebbe meglio digiunare anche i primi quattro giorni, oltre agli altri
due?» Pacomio gli rispose: «La regola della Chiesa è che noi digiuniamo solo questi
due giorni, in modo da conservare le forze necessarie, per eseguire gli ordini senza venir
meno, cioè la preghiera incessante, le veglie le recitazioni della legge di Dio e il nostro
lavoro manuale, a proposito del quale le Scritture ci ordinano di tendere le mani ai
miseri Coloro che si dedicano a pratiche di tal genere, come quelli che si ritirano in
solitudine, sono esentati da uffici terreni, che li disturberebbero; ma spesso si può
constatare che si lasciano comodamente servire da altri, e che sono orgogliosi o
pusillanimi, o vanitosi, alla ricerca di inutile gloria umana.
36. Un altro giorno, Teodoro andò a trovare il nostro padre Pacomio e gli domandò:
«Che devo fare con questo mal di testa?» Pacomio rispose: «Un uomo fedele deve
tenersi in corpo la malattia per dieci anni, prima di parlarne con qualcuno, a meno che si
tratti di una malattia che è impossibile nascondere». Udite queste parole dalle labbra del
nostro padre Pacomio, Teodoro si dispose a sopportare qualunque cosa con animo grato,
per amore della croce.
37. Dopo un certo tempo, sua madre ricevette dal vescovo di Sne una lettera, perché il
nostro padre Pacomio permettesse al figlio Teodoro di uscire ed essa potesse vederlo: