Page 14 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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Li esentava così da ogni lavoro, esortandoli: «Per la vostra salvezza, cercate di custodire
bene la vostra vocazione». I neofiti però gli dissero: «Ci dispiace di vederti faticare da
solo». Ed egli rispondeva: «Chi è l’uomo che, legata la bestia alla ruota, se ne
dimenticherà, così da farla cadere nel pozzo? Ebbene, se il Signore vedrà che sono
stanco, manderà altri capaci di aiutarmi nel lavoro».
Stabilì poi per loro delle regole secondo le scritture, una costituzione che non fosse
pietra di scandalo, e delle tradizioni utili alle anime: vestito e cibo assolutamente uguali
per tutti e un giaciglio decoroso.
24. La fama della pietà di Pacomio si diffondeva per tutto l’Egitto. In un certo luogo
vivevano cinque fratelli, che conducevano vita anacoretica. Erano dei valorosi
nell’opera di Dio, ed avevano nome apa Pecos, apa Cornelio, apa Paolo, apa Pacomio e
apa Giovanni. Una volta conosciuta la fama della fede retta di Pacomio, si alzarono e
vennero da lui per abitare insieme. Egli li accettò, rallegrandosi di gioia spirituale. Altri
ancora, che abitavano più a sud, in una località chiamata Thbakat, conosciuta la fama di
Pacomio, vennero a lui in numero di cinquanta e furono accolti ugualmente. Pacomio,
in seguito, constatando che avevano una mentalità carnale, li espulse. Il Signore operò
in molti altri che vennero a lui. Egli li accettava, edificandoli nella legge di Dio.
25. Quando vide che molta gente era venuta ad abitare quel villaggio, prese con sé i
fratelli e se ne andarono a costruire una chiesa Il per compiervi la sinassi. D’altronde gli
abitanti erano abbastanza numerosi nei dintorni. Egli stesso si incaricava delle offerte,
perché era gente poverissima Andava là il sabato con i fratelli a ricevere i sacramenti;
allo stesso modo, era lui a fare il lettore, sorvegliando lo sguardo dei suoi occhi secondo
la parola del Vangelo: Chi guarda una donna per desiderarla, ha già commesso
adulterio con lei nel suo cuore. Quando poi i fratelli raggiunsero il centinaio, Pacomio
costruì una chiesa nel monastero, perché vi lodassero Dio. Ma il sabato sera si recava
ancora nel villaggio per la prosfora, mentre i chierici venivano al monastero la
domenica mattina. Nessuno di essi, infatti, apparteneva al clero della santa chiesa,
perché nostro padre Pacomio non voleva chierici nel monastero per timore della gelosia
e della vanagloria che ciò poteva suscitare. Spesso, infatti, parlava ai fratelli di questo
argomento: «È meglio non prendersi tali brighe nella nostra comunità, per paura che si
stabiliscano in mezzo a tanti monaci, contro la volontà di Dio, dispute, invidia, gelosia e
infine divisioni. Come una scintilla gettata nell’aria, se non viene spenta prontamente,
distruggerà il lavoro di un anno intero, così è della mania di grandezza ai suoi inizi. È
meglio che noi ci sottomettiamo con rispetto alla Chiesa di Dio. A compiere tale ufficio
ci basterà colui che ci verrà dato in qualunque momento e che è stato designato dai
vescovi nostri padri».
Se qualcuno del clero veniva a lui con l’intenzione di farsi monaco, e se constatava che
era retto, Pacomio lo accettava e lo faceva monaco. Rispettava il suo rango, ma, in
quanto alle costituzioni dei fratelli, gliele faceva rispettare di buon grado, come tutti.
26. Incaricò alcuni, dei più capaci di aiutarlo per ciò che riguardava la salvezza delle
anime. Pose un fratello a capo della prima casa, quella detta degli economi minori, con
un secondo al suo servizio, responsabile del refettorio e della cucina; ne designò anche
un altro con il suo secondo – ambedue uomini di grande fedeltà per occuparsi del cibo e