Page 16 - Vita Copta di Pacomio e Teodoro
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Pacomio ne designò un altro ugualmente capace, di nome Titue, dal carattere buono ed
ammirevole.
Visita di Atanasio
28. Avvenne che, dopo la nomina ad arcivescovo di Alessandria, apa Atanasio venne a
sud, nella Tebaide, con l’idea di risalire fino ad Assouan per recare conforto alle sante
chiese. Quando il nostro padre Pacomio lo vide, preceduto da un corteo di vescovi, presi
con sé i fratelli, gli fece da scorta per un lungo tratto. Cantando in corteo,
accompagnarono l’arcivescovo nel monastero, dove fece la preghiera nella sala di
riunione e in tutte le dimore. Apa Serapione, vescovo di Nikentori, prese la mano
dell’arcivescovo, la baciò e disse: «Prego la tua pietà di ordinare prete Pacomio, il
superiore dei monaci, perché sia messo a capo di tutti i monaci della mia diocesi. È
davvero un uomo di Dio, ma a me rifiuta obbedienza su questo punto». Immediatamente
Pacomio si dileguò tra la folla per non farsi trovare. L’arcivescovo si mise a sedere con
tutta la folla che lo accompagnava, e disse a Serapione: «In verità, riguardo all’uomo di
cui tu parli, apa Pacomio, da quando sono ad Alessandria, già prima della mia
consacrazione, ho udito la fama della sua fede. Felice lui e i suoi figli, e benedetto
l’albero duraturo, che ha piantato». Poi, alzatosi, pregò e disse ai fratelli: «Salutate da
parte mia il vostro padre e ditegli: «Poiché ti sei nascosto a noi, fuggendo ciò da cui
vengono gelosie, discordie e invidie, e hai scelto ciò che è superiore e resterà per
sempre! Ebbene, nostro Signore soddisferà i tuoi desideri. Poiché hai fuggito la
grandezza vana e temporanea, non soltanto ti auguro che ciò non avvenga mai, ma a
questo scopo tenderò le mani all’Altissimo perché mai e poi mai tu venga rivestito di
cariche. Se poi, per volontà di Dio, ritorneremo un’altra volta, voglia il cielo che
possiamo meritare di vedere la tua pietà onorevole». Così li lasciò e continuò il
cammino verso sud, accompagnato da molti vescovi e da una gran folla con lampade,
ceri e incensieri innumerevoli. Soltanto dopo la partenza dell’arcivescovo, ii nostro
padre Pacomio uscì dal nascondiglio.
Vocazione di Teodoro
29. Un giorno, ritornando dal nord, giunse un confratello monaco, il quale avendolo
sorpreso la notte a Tabennesi, dovette chiedere ospitalità al monastero. Nostro padre
Pacomio, disse ai fratelli di trattarlo con grande fraternità. Terminato il pasto, egli si
sedette e rivolse la parola di Dio ai fratelli, commentando le Scritture. Anche quel
fratello stava seduto ad ascoltare come gli altri. Tornato a sud, nel suo monastero della
diocesi di Sne, i fratelli, la sera, si radunarono come al solito; infatti, finito il modesto
pasto, avevano l’usanza di riunirsi e di esporre ciò che ognuno sapeva delle Scritture.
Anche la sera di quel giorno, sedutisi, ciascuno propose la spiegazione che aveva
imparato e che aveva sentito da un altro. C’era lì un giovane, di nome Teodoro, di
buona famiglia, che stava seduto ascoltando con grande attenzione e vigilanza ciò che si
diceva: non parlava mai, ma osservava un profondo silenzio. Il fratello venuto dal nord,
prese la parola: «Permettetemi, fratelli, di dirvi il passo. e il relativo commento che ho
udito da un uomo giusto. Ritornando verso il sud, fui ospite a Tabennesi da apa
Pacomio. La sera egli si mise a sedere e rivolse la parola di Dio ai fratelli riuniti. Parlò
del Tabernacolo e del Santo dei Santi, riferendosi ai due popoli. Il primo popolo è il
Tabernacolo esteriore: il suo servizio consiste nell’offrire sacrifici e pane visibili. Il