Page 26 - Utilità del Credere
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essere ritenuto padrone delle proprie azioni, quando è come uno strumento
                  e un servitore del sapiente. Se, dunque, per tutti gli uomini è meglio non
                  peccare che peccare, di certo tutti gli stolti avrebbero una vita migliore se
                  potessero essere i servitori dei sapienti. E se nessuno dubita che ciò giova
                  nelle cose di minor conto come nel comprare o coltivare un terreno, nel
                  prendere  moglie,  nell’accogliere  ed  educare  i  figli,  infine  nella  stessa
                  amministrazione del patrimonio familiare, molto di più esso giova in materia
                  di religione. Nelle cose umane, infatti, la conoscenza è più facile che in quelle
                  divine; e in quelle tra queste che sono più sante ed eccellenti, il peccare è
                  tanto  più  dannoso  e  pericoloso  quanto  maggiore  deve  essere  il  nostro
                  rispetto e culto per loro. Vedi pertanto che, per tutto il tempo in cui siamo
                  stolti, non ci resta altro da fare, se ci sta a cuore una vita ottima e religiosa,
                  che ricercare i sapienti e, obbedendo a loro, potremmo sentire di meno il
                  dominio della stoltezza, finché è in noi, e talora potremmo anche liberarcene.

                  Lo stolto ignora la sapienza.
                  13. 28. A questo punto sorge di nuovo una questione molto difficile: in qual
                  modo noi stolti potremo trovare il sapiente, se la maggior parte degli uomini,
                  benché quasi nessuno osi farlo apertamente, tuttavia in maniera indiretta
                  rivendicano per sé questo nome; e se proprio sulle cose, nella cui conoscenza
                  consiste la sapienza, sono così in disaccordo tra loro che inevitabilmente o
                  nessuno di essi è sapiente oppure lo è uno soltanto? Ma chi sia costui, non
                  vedo proprio come possa essere chiaramente riconosciuto e individuato
                  quando è  lo stolto che lo ricerca. Non si può infatti conoscere alcunché
                  attraverso i segni, se non si conosce la cosa stessa di cui essi sono segni. Ma
                  lo stolto ignora la sapienza. E a chi ne è privo, se gli è concesso di conoscere
                  l’oro  e  l’argento  ed  altre  cose  di  questo  genere  vedendole,  pur  senza
                  possederle,  non  è  invece  possibile  vedere  la sapienza  con l’occhio della
                  mente.  Infatti,  tutte  le  cose  che  raggiungiamo  con  i  sensi  corporei  ci
                  provengono dal di fuori: per questo ci è consentito di percepire con gli occhi
                  anche le cose altrui, benché non possediamo nessuna di esse o di genere
                  simile. Ciò che invece viene colto con l’intelletto è all’interno, nell’animo: e
                  possedere qualcosa nell’animo equivale a vederla. Ora, lo stolto è privo della
                  sapienza; pertanto non conosce la sapienza. Infatti, non potrebbe vederla con
                  gli occhi; peraltro, non può vederla senza averla, né averla ed essere stolto.
                  Dunque non la conosce e, non conoscendola, non può riconoscerla in altro
                  luogo. Nessuno, dunque, fino a che è stolto, è capace di trovare con certezza
                  assoluta il sapiente, sottomettendosi al quale si libererebbe da quel male che
                  è la stoltezza.

                  Lo stolto ignora la sapienza.
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