Page 24 - Utilità del Credere
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apprenderlo, perché il fatto di per sé non può essere materia di nessuna
scienza, tuttavia, in quanto non si rende conto della grande differenza che c’è
tra il sapere qualcosa con la certezza che deriva da un ragionamento della
mente - ciò che noi chiamiamo comprendere - e il trovarlo affidato alla fama
o agli scritti per essere utilmente creduto dai posteri, di certo sbaglia, e
nessun errore è senza vergogna. Ciò che comprendiamo, dunque, lo
dobbiamo alla ragione; ciò che crediamo all’autorità; ciò che opiniamo
all’errore. Ma chiunque comprende, crede anche; e pure chi opina crede; ma
non chiunque crede, comprende, e nessuno che opina, comprende. Se,
dunque, queste tre attitudini le riferiamo ai cinque generi di uomini che
abbiamo menzionato poco fa, ossia i due che sono da elogiare e che ho posto
per primi, e gli altri tre che invece sono riprovevoli, troviamo che il primo
genere, che comprende uomini felici, crede alla verità stessa; mentre il
secondo, che comprende uomini che ricercano e amano la verità, crede
all’autorità. In questi due generi il credere è degno di lode; invece nel primo
genere di uomini riprovevoli, cioè di uomini che congetturano di sapere ciò
che non sanno, vi è di certo una perversa credulità. Coloro che fanno parte
degli altri due generi meritevoli di riprovazione, non credono nulla: tanto
quelli che cercano il vero senza speranza di trovarlo, quanto quelli che non lo
cercano affatto. Questa attitudine comunque è possibile solo nelle cose che
appartengono a qualche disciplina; infatti, nella vita pratica non so proprio
come un uomo possa non credere a nulla. Del resto, anche quanti affermano
che nella pratica seguono ciò che è probabile, preferiscono apparire come
coloro che non possono sapere nulla piuttosto che come coloro che non
credono a nulla. Chi infatti non crede ciò che sperimenta? O come è
probabile ciò che seguono, se non è sottoposto a prova? Perciò vi possono
essere due generi di avversari della verità: uno costituito da coloro che
combattono solo contro la scienza, ma non contro la fede; l’altro da coloro
che condannano tutte e due; tuttavia, ancora una volta non so se nelle
vicende umane si possano trovare persone di questo genere. Queste cose
sono state dette per farci capire che noi, poiché abbiamo conservato la fede
anche relativamente a quelle cose che ancora non comprendiamo, siamo al
riparo dalla temerità di coloro che solo opinano. Quanti infatti dicono che
non si deve credere nulla al di fuori di ciò che sappiamo, si guardano
soltanto dal nome di opinione, nome che, occorre riconoscerlo, è turpe e
molto misero. Ma se prestassero la dovuta attenzione alla profonda
differenza che c’è fra chi ritiene di sapere e chi crede sull’autorità di
qualcuno, poiché comprende che non sa, di certo eviterebbero l’accusa di
errore, di grossolanità e di presunzione.
Grave danno è credere solo a quello che si sa.