Page 21 - Utilità del Credere
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10.  23.  Ma  ora  vedi,  tu  dirai,  se  dobbiamo  credere  quando  si  tratta  di
                  religione. In effetti, se ammettiamo che sono cose diverse il credere e l’essere
                  credulo, non ne segue che non ci sia nessuna colpa a credere quando si tratta
                  di religioni. E che diresti se tanto il credere quanto l’esser credulo fossero
                  viziosi, come lo sono l’essere ubriaco e l’essere ubriacone? Chi ritiene ciò per
                  certo mi sembra che non possa avere alcun amico. Se, infatti, è turpe credere
                  qualcosa, allora o credere ad un amico è un atto turpe, oppure non vedo
                  come chi, non credendo affatto all’amico, possa ancora chiamare costui, o se
                  stesso,  amico.  A  questo  punto  tu  dirai:  “  Ammetto  che  talvolta  si  deve
                  credere qualcosa; ma spiegami ora in che modo, in fatto di religione, non sia
                  turpe credere prima di sapere ”. Lo farò, se potrò. Ti chiedo perciò: cosa
                  ritieni più grave, in fatto di colpa, trasmettere la religione a un indegno
                  oppure credere a ciò che dicono coloro che la trasmettono? Se non ti è chiaro
                  chi io chiami indegno, dico che è colui che si fa avanti con il cuore insincero.
                  Tu ammetti, io penso, che è colpa più grave svelare i santi misteri, se ve ne
                  sono, a un tale uomo che credere a uomini religiosi che affermano qualcosa
                  della religione stessa. Di certo, non sarebbe stato degno di te rispondere
                  diversamente. Perciò immagina ora di avere davanti a te colui che sta per
                  trasmetterti la religione: come riuscirai a rassicurarlo che ti fai avanti con
                  animo sincero e che in te, per quanto attiene a questa cosa, non c’è nessun
                  inganno e nessuna simulazione? Dirai che, in tutta coscienza, tu non fingi
                  nulla, sostenendolo con quante più parole potrai, ma pur sempre con parole!
                  Come uomo, infatti, non saresti in grado di aprire all’uomo i segreti del tuo
                  cuore così da farti conoscere interiormente. Ma se quello ti dicesse, “Ecco, ti
                  credo; ma non è forse più giusto che anche tu creda a me, poiché, se possiedo
                  qualcosa di vero, sei tu che stai per riceverne il beneficio, mentre io sto per
                  dartelo?”; che cosa risponderai, se non che gli si deve credere?

                  La fede è la via più salutare per esser capaci di comprendere la verità.
                  10. 24. Ma dirai: “Non era forse meglio che me ne avessi data la ragione,
                  perché io la seguissi senza alcuna temerità dovunque essa mi conducesse?”.
                  Forse lo era; ma poiché è una questione tanto grande per te conoscere Dio
                  per  via  razionale,  ritieni  forse  che  tutti  siano  capaci  di  comprendere  le
                  ragioni mediante le quali la mente è condotta all’intelligenza di Dio, oppure
                  un buon numero o pochi soltanto? “Ritengo che sono pochi”, tu affermerai.
                  “E pensi forse di far parte di costoro?”. “Non spetta a me rispondere”, dirai.
                  Tu,  dunque,  ritieni  che  spetti  all’altro  crederti  anche  su  questo;  cosa,
                  appunto, che egli fa. Ricordati soltanto che già per due volte egli ha creduto
                  a te che dici cose incerte, mentre tu neppure per una volta sei disposto a
                  credere a lui che pure ti ammonisce con grande diligenza. Ma supponi che la
                  cosa stia così: che tu ti faccia avanti con animo sincero per accogliere la
                  religione e che faccia parte di quei pochi uomini, di modo che tu sia in grado
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