Page 9 - Teologia tedesca
P. 9

Ma san Dionigi lo ritiene possibile. Lo si ricava dalle parole che scrisse a
                  Timoteo:  «Per  la  contemplazione  del  mistero  divino  devi  abbandonare
                  sensi e sensazione, e tutto ciò che la percezione sensibile può afferrare, ed
                  anche la ragione e l’intelletto, e tutto quel che la ragione può concepire e
                  conoscere, sia di creato che di increato; sollèvati uscendo da te stesso, o-
                  bliando tutte le cose suddette, ed unisciti a ciò che è al di sopra di ogni es-
                  sere e di ogni conoscere». Se dunque non lo avesse ritenuto possibile nel
                  tempo, perché lo avrebbe insegnato a un uomo nella temporalità? Biso-
                  gna anche sapere che, a proposito delle parole di san Dionigi, un maestro
                  dice che ciò è possibile e che avviene all’uomo tanto spesso da potersi abi-
                  tuare a gettarvi lo sguardo tutte le volte che vuole. E non v’è sguardo al-
                  cuno che sia più caro a Dio, più nobile e degno, più di tutto quel che la
                  creatura può compiere in quanto creatura.


                  9.
                  Come per l’uomo sia migliore e più utile capire quel che Dio vuole operare con
                  lui, ovvero per cosa Dio se ne voglia servire, più di sapere quel che Dio abbia fatto
                  con ogni creatura, o ancora voglia fare; e come la beatitudine sia solo in Dio e
                  nelle sue opere, e non nelle creature.

                  Bisogna notare e sapere in piena verità che tutte le virtù e i beni, e persino
                  quel bene che è Dio stesso, non rendono mai l’uomo virtuoso, buono o
                  beato, fin tanto che ciò avviene fuori dell’anima. Nello stesso modo stan-
                  no  le  cose  con  il  peccato  e  la  malizia.  Per  quanto  sia  bene,  perciò,  che
                  l’uomo si interroghi, esperimenti e conosca quel che hanno fatto o patito
                  gli uomini buoni e santi, e come hanno vissuto, ed anche cosa Dio ha ope-
                  rato  e  voluto  in  essi  e  grazie  ad  essi,  cento  volte  meglio  sarebbe  che
                  l’uomo esperimentasse e conoscesse cosa e come sia la sua vita, e cosa Dio
                  sia, voglia ed operi in lui, e per cosa voglia usarlo o no. È vero perciò il
                  detto:  non  ci  fu  mai  uscita  tanto  buona,  che  il  rimanere  all’interno  non
                  fosse migliore.
                  Si deve anche sapere che la beatitudine eterna sta soltanto nell’Uno, e in
                  niente altro. E se l’uomo o l’anima devono essere o diventare beati, allora
                  nell’anima  deve  esserci  l’Uno  soltanto.  Si  potrebbe  ora  chiedere:  cosa  è
                  l’Uno? Io dico: è il bene - o ciò che è diventato bene - e tuttavia né questo
                  né quello, niente che si possa denominare, conoscere o presentare. ma è
                  ogni bene ed al di sopra di ogni bene. Non ha neppure bisogno di entrare
                  nell’anima, perché vi è già dentro. Ma è sconosciuto. Quando si dice che
                  bisogna giungervi o che deve venire nell’anima, ciò significa che si deve
                  cercarlo, sentirlo e  gustarlo. E in  quanto è  Uno, è  anche  meglio unità e




                                                                                                      7
   4   5   6   7   8   9   10   11   12   13   14