Page 5 - Teologia tedesca
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Cosa fece Adamo, se non la stessa cosa? Si dice che Adamo sia caduto o
                  andato  in perdizione  per aver mangiato la  mela.  Io  dico invece che ciò
                  avvenne per il suo attribuirsi, per il suo «io», «mio», «a me», «me», e simi-
                  li. Se avesse mangiato sette mele ma non vi fosse  stata appropriazione,
                  non  sarebbe  caduto.  Invece,  quando  avvenne  l’appropriazione,  allora
                  cadde, anche se non avesse neppur morso una mela.
                  «Or dunque, io sono caduto cento volte più profondamente e mi sono al-
                  lontanato più di Adamo,e tutta l’umanità non poté rimediare o annullare
                  la caduta di Adamo e il suo allontanamento. Come si potrà rimediare alla
                  mia  caduta?»  Vi  si  deve  rimediare  come  a  quella  di  Adamo,  da  quello
                  stesso che pose rimedio alla caduta di Adamo, e nello stesso modo. «Chi
                  vi pose rimedio, e in qual modo?» L’uomo non poteva farlo senza Dio, e
                  Dio non lo voleva senza l’uomo. Perciò Dio assunse in sé la natura umana
                  o l’umanità, divenne uomo e l’uomo divenne divino. Così avvenne il ri-
                  medio.
                  Nello stesso modo si deve porre rimedio alla mia caduta. Non posso farlo
                  senza Dio, e Dio non lo può o vuole senza me. Se deve accadere, perciò,
                  Dio deve diventare uomo anche in me, ovvero deve assumere tutto quel
                  che è in me, all’interno e all’esterno, cosicché non vi sia in me assoluta-
                  mente nulla che contrasti Dio o ostacoli la sua opera. Se Dio prendesse in
                  sé tutti gli uomini che ci sono e diventasse uomo in loro divinizzandoli,
                  senza che ciò avvenisse in me, allora la mia caduta e il mio allontanamen-
                  to non avrebbero mai rimedio: ciò deve avvenire anche in me.
                  In questa restituzione e rimedio non posso o devo fare assolutamente nul-
                  la, se non un puro patire, in modo che Dio solo agisca ed operi, ed io su-
                  bisca lui, la sua opera e il suo volere.
                  E  proprio  perché  non  voglio  subirlo,  tutto  concentrato  sul  «mio»,
                  sull’«io», sul «me» ed «a me», Dio è ostacolato e non può operare, egli so-
                  lo e senza limiti. Perciò la mia caduta e il mio allontanamento rimangono
                  senza rimedio. Vedi, tutto ciò è prodotto dal mio attribuirmi.


                  4.
                  Come l’uomo, con l’attribuirsi qualcosa di buono, compia una caduta ed attenti
                  all’onore di Dio.

                  Dio dice: «Non voglio dare a nessuno il mio onore» (Is 42,8; 48,11), ovvero
                  l’onore e la gloria non appartengono ad altri che a Dio. Se mi attribuisco
                  qualcosa di buono, che sono o che posso, che so o che faccio, o che sia mio
                  o che provenga da me, o che mi appartenga o mi spetti e simili, mi attri-
                  buisco  qualche  gloria  ed  onore,  e  faccio  così  due  volte  male.  In  primo




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