Page 10 - Teologia tedesca
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semplicità che non molteplicità. Infatti la beatitudine non sta nel molto o
                  nel molteplice, ma nell’Uno e nell’unità.
                  Per dirla in breve, la beatitudine non sta in alcuna creatura od opera crea-
                  turale, ma solo in Dio e nell’opera sua. Perciò io dovrei fare attenzione
                  soltanto a Dio e al suo agire, distaccandomi da ogni creatura con tutte le
                  sue opere, e prima di tutto dame stesso. Anche tutte le opere e i prodigi
                  che Dio ha compiuto o che può compiere in o tramite tutte le creature, e
                  persino Dio stesso con tutti i suoi beni, in quanto tutto ciò è e si compie
                  fuori  di  me,  non  mi  rende  beato.  Mi  rende  beato  solo  in  quanto  è  e  si
                  compie in me, viene da me conosciuto e amato, sentito e gustato.


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                  Come gli uomini perfetti non desiderino nient’altro che essere per il bene eterno
                  ciò che per l’uomo è la mano, e come abbiano perduto il timore dell’inferno e il de-
                  siderio del paradiso.

                  Si deve ora osservare che gli uomini illuminati dalla luce vera sanno che
                  tutto quel che possono desiderare o volere è niente rispetto a ciò che è sta-
                  to  desiderato,  voluto  o  saputo  da  tutte  le  creature,  in  quanto  creature.
                  Perciò abbandonano ogni desiderio e volontà, affidando se stessi e tutte le
                  cose al bene eterno. Tuttavia rimane in loro un desiderio, uno stimolo a
                  procedere e ad avvicinarsi al bene eterno, ovvero a una conoscenza sem-
                  pre più prossima, a un amore più ardente, a una gioia più pura, a una
                  piena sottomissione ed ubbidienza, in modo tale che ogni uomo illumina-
                  to possa dire: «Io sarei volentieri per il bene eterno quel che per l’uomo è
                  la sua mano», e temono sempre di non esserlo abbastanza, e desiderano
                  anche la beatitudine di tutti gli uomini. Essi sono privi di questo deside-
                  rio e non se lo attribuiscono, giacché sanno bene che tale desiderio non si
                  addice all’uomo, ma solo al bene eterno; infatti nessuno, deve attribuirsi
                  ciò che è bene, che appartiene esclusivamente al bene eterno.
                  Questi uomini stanno anche in tale libertà, che hanno perduto il timore
                  della punizione o dell’inferno, ed anche la speranza della ricompensa o
                  del regno dei cieli; vivono perciò in pura sottomissione e ubbidienza al
                  bene eterno, per libera donazione d’amore. Ciò è avvenuto in modo per-
                  fetto in Cristo ed anche nei suoi discepoli, in quale più, in quale meno. È
                  uno strazio che il bene eterno ci indichi ciò che è più nobile e ci spinga ad
                  esso, e noi non lo vogliamo. Cosa è più nobile della vera povertà spiritua-
                  le? E quando questa ci viene presentata, non la vogliamo. Preferiamo es-
                  sere accarezzati, in modo da provare in noi grande gusto, dolcezza e pia-
                  cere. Se ciò avvenisse, staremmo bene ed ameremmo Dio. Quando ciò ci




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