Page 15 - Teologia tedesca
P. 15

pende dal fatto che, fin tanto che l’uomo è Adamo o suo figlio, è senza
                  Dio. Cristo dice: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12,30). Ma chi è
                  contro Dio è morto davanti a Dio. Invece chi è con Cristo nell’ubbidienza,
                  è con Dio e vive.
                  Sta anche scritto che il peccato consiste nel fatto che la creatura si disto-
                  glie dal creatore. È uguale a quanto detto; la stessa cosa. Infatti chi è nella
                  disubbidienza è nel peccato, e il peccato non viene espiato né riparato se
                  non con un ritorno all’ubbidienza. E finché l’uomo è nella disubbidienza,
                  il peccato non viene mai riparato, per quante opere l’uomo possa compie-
                  re. Deve essere ben chiaro: la disubbidienza stessa è il peccato. Se l’uomo
                  torna alla vera ubbidienza, tutto è perdonato, espiato; in altro modo no.
                  Bisogna notare questo. Se il diavolo potesse giungere alla vera ubbidien-
                  za, diventerebbe un angelo e tutta la sua colpa e malizia sarebbe espiata,
                  rimediata e perdonata. E se un angelo cadesse nella disubbidienza, diven-
                  terebbe subito un diavolo, anche se non facesse niente altro.
                  Se fosse possibile che un uomo si liberasse da se stesso e da tutto comple-
                  tamente  e  puramente,  stando  in  vera  ubbidienza  come  lo  fu  Cristo  in
                  quanto uomo, allora quell’uomo sarebbe senza peccato ed anche una cosa
                  sola con Cristo, e per grazia lo stesso che Cristo fu per natura. Ma si af-
                  ferma che ciò è impossibile. Perciò si dice anche che nessuno può essere
                  senza  peccato.  Comunque  sia,  è  vero  che  quanto  più  uno  è
                  nell’ubbidienza,  tanto,  meno  pecca;  quanto  più  ne  è  lontano,  tanto  più
                  pecca. In breve, dipende del tutto da questa ubbidienza e disubbidienza
                  che  ‘l’uomo  sia  buono,  migliore  o  ottimo,  cattivo,  peggiore  o  pessimo,
                  peccatore o santo davanti a Dio. Perciò sta anche scritto: quanta più seità
                  ed egoità, tanta più malizia e peccato; quanto meno di questi, tanto meno
                  di  quelle.  Sta  anche  scritto:  quanto  più  diminuisce  il  mio  «io»,  ovvero
                  l’egoità e la seità, tanto più si accresce in me l’«io» di Dio, che è Dio stes-
                  so.
                  Vedi, se tutti gli uomini fossero nella vera ubbidienza, non vi sarebbe al-
                  cun male o dolore, ma solo lievi sofferenze corporee, di cui non ci sarebbe
                  da lamentarsi. Si deve notare che se fosse così, tutti gli uomini sarebbero
                  una cosa sola, e nessuno causerebbe male e dolore all’altro. Nessuno poi
                  vivrebbe o agirebbe contro Dio. Da dove potrebbe allora provenire il male
                  e il dolore? Invece ora, purtroppo, tutti gli uomini e l’intero mondo sono
                  nella disubbidienza. Se vi fosse però un uomo nella pura e perfetta ubbi-
                  dienza - come noi crediamo che fu e sia ancora Cristo, senza la quale non
                  sarebbe stato Cristo -, la disubbidienza di tutti gli uomini sarebbe per lui

                  un amaro e straziante dolore, giacché tutti gli uomini sarebbero contro di
                  lui. Lo si tenga presente: se l’uomo in questa ubbidienza fosse una cosa
                  sola con Dio, un tale uomo sarebbe Dio stesso.



                                                                                                     13
   10   11   12   13   14   15   16   17   18   19   20