Page 6 - Teologia tedesca
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luogo  una  caduta  e  un  allontanamento,  come  si  è  detto.  Giacché  tutto
                  quel che si deve chiamare bene non appartiene ad altri che all’eterno e ve-
                  ro bene; e chi se lo attribuisce compie qualcosa che è ingiusto e contro Di-
                  o.


                  5.
                  Come si debba intendere il divenire senza modo, senza volontà, senza amore, sen-
                  za desiderio, senza conoscenza ecc.

                  Alcuni  dicono  che  si  deve  diventare  senza  modo,  senza  volontà,  senza
                  amore,  senza desiderio, senza conoscenza, ecc. Ma questo non  deve in-
                  tendersi nel senso che manchi all’uomo ogni conoscenza, o che in lui Dio
                  non sia conosciuto, amato, voluto o desiderato, lodato o onorato, giacché
                  questo sarebbe un grave difetto, e l’uomo sarebbe come un animale o un
                  bue senza ragione. Invece tale esser senza modo deve provenire dal fatto
                  che la conoscenza è così pura e perfetta da venir riconosciuta come appar-
                  tenente  non  all’uomo  o  alle  creature,  ma  come  conoscenza  dell’Eterno,
                  che è la Parola eterna. Vedi, così l’uomo o la creatura scompaiono e non si
                  attribuiscono ciò. E quanto meno la creatura si attribuisce la conoscenza,
                  tanto più perfetta diviene. Lo stesso avviene per la volontà, l’amore, il de-
                  siderio, ecc.: quanto meno ci si attribuiscono, tanto più puri, nobili e divi-
                  ni divengono; quanto più ci si attribuiscono, invece, tanto più grossolani,
                  impuri e imperfetti. Vedi, in questo senso bisogna liberarsi di tutto ciò,
                  ossia dall’appropriarsene. Quando ci si libera così, si ha la conoscenza più
                  pura e nobile possibile; ed anche l’amore e il desiderio più nobili e puri,
                  perché tutto ciò allora è di Dio soltanto.
                  È cosa migliore e più nobile che ciò appartenga a Dio, piuttosto che alla
                  creatura.  Che  io  mi  attribuisca  qualcosa  di  buono,  deriva
                  dall’immaginazione che esso sia mio o che io lo sia. Se la verità fosse in
                  me conosciuta, sarebbe anche chiaro che io non lo sono e che non mi ap-
                  partiene, né da me deriva, ecc., e così cadrebbe da sola l’appropriazione.
                  È meglio che, nella misura del possibile, Dio o ciò che è suo vengano co-
                  nosciuti, amati, lodati e onorati, anche quando l’uomo si illude di essere
                  lui a lodare e amare Dio, anziché Dio non sia né lodato, né amato, né ono-
                  rato, né conosciuto. Quando l’illusione e l’ignoranza divengono scienza e
                  conoscenza della verità, viene meno l’appropriazione. Allora l’uomo dice:
                  «Ah, povero sciocco, che credevo di essere io; mentre è ed era davvero
                  Dio!».






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