Page 51 - Teologia tedesca
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Dio che gli manifesti i suoi segreti, e dunque non chiede perché Dio faccia
questo o quello, o ordini ecc., ma desidera soltanto annichilirsi e diventar
privo di volontà propria, in modo che il volere eterno viva e dòmini in lui
senza esser ostacolato da un altro volere, e si compia a sufficienza in lui e
tramite lui.
Però si può dare anche un’altra risposta a questa domanda e dire: la cosa
più nobile e piacevole che vi sia in tutte le creature è la conoscenza, ovve-
ro la ragione e la volontà, ,che sono legate insieme - dove c’è l’una, c’è an-
che l’altra -. Se non vi fossero queste due, non vi sarebbe creatura raziona-
le, ma solo animale e modo di vita bestiale. E questo sarebbe un grande
difetto; Dio non potrebbe in nessun luogo procurarsi ciò che è suo, e nep-
pure mettere in atto le sue qualità, di cui si è parlato prima - il che invece
è necessario ed appartiene alla perfezione.
Vedi, ora la conoscenza e la ragione sono state create e concesse insieme
alla volontà. La ragione deve insegnare alla volontà, ed anche a se stessa,
che né conoscenza né volontà sono da se stesse, e che nessuna delle due
appartiene o deve appartenere solo a se stessa, né operare per se stessa,
né servire a se stessa o godere di se stessa per se stessa. Invece esse appar-
tengono a colui del quale sono, e a lui devono abbandonarsi in lui ri-
fluendo, annichilandosi in se stesse, ovvero nella loro seità.
Qui bisogna notare ancora qualcosa, soprattutto a proposito della volon-
tà. L’eterno volere, che è in Dio originariamente ed essenzialmente, senza
opera ed atto, assume nell’uomo o nella creatura efficacia e volontà, giac-
ché al volere appartiene in proprio l’atto di volontà. Cosa farebbe altri-
menti? Sarebbe inutile, se non avesse efficacia. E questo non può avvenire
senza la creatura. Perciò deve esserci la creatura, e Dio la vuole, in modo
che questo volere possa avere in essa la sua opera propria, dato che in
Dio è e deve essere senza azione. Perciò nella creatura c’è quella volontà
che si chiama volontà creata, che è di Dio quanto quella eterna, e non
possesso della creatura. Ora, dal momento che Dio non può tradurre la
sua volontà in opera e in moto senza la creatura, vuole farlo nelle e con le
creature. Quindi la creatura non deve voler nulla con questo, stesso vole-
re, mentre Dio può e vuole volere in modo efficace con quella volontà che
è nell’uomo, e che tuttavia appartiene a Dio. E quando ciò avvenisse in un
uomo puramente e completamente, niente sarebbe voluto dall’uomo, ma
tutto da Dio, e la volontà non sarebbe volontà personale, e non vorrebbe
altro che quel che vuole Dio. Infatti sarebbe Dio stesso a volere, e non
l’uomo, e la volontà sarebbe tutt’uno con l’eterno volere, con esso conflu-
ente. In un tale uomo ci sarebbe e rimarrebbe diletto e dolore, piacere e
sofferenza, ecc.; giacché v’è piacere e dolore là dove la volontà vuole ef-
fondersi. Infatti, se le cose vanno come la volontà vuole, c’è diletto; invece
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