Page 53 - Teologia tedesca
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vincersi di questo: nell’uomo in cui la volontà fa uso della sua libertà, lì
                  opera la sua opera propria, cioè il volere, e lì vuole quello che vuole senza
                  impedimenti, e vuole anche ciò che è più nobile e migliore in tutte le cose.
                  E tutto quel che non è nobile e buono, le è contrario ed occasione di dolo-
                  re e lamento. Quanto più libera e  senza ostacoli è la volontà, tanto più
                  male le fanno l’ingiustizia, la malizia, il vizio e tutto quel che si chiama ed
                  è peccato, e che è occasione di dolore e lamento ancor più grandi. Lo si
                  può notare in Cristo. In lui ci fu, come mai in nessun uomo, la volontà più
                  libera, disappropriata e senza impedimenti; così l’umanità di Cristo fu la
                  creatura più libera e pura, e tuttavia provò le maggiori sofferenze, dolori
                  e afflizioni per il peccato (ovvero per tutto quel che è contro Dio), come
                  mai fu possibile in una creatura.
                  Ma quando ci si attribuisce la libertà, in modo da non provare più dolore
                  e afflizione per il peccato e per quel che è contro Dio, anzi, si pretende di
                  essere indifferenti e insensibili a tutto ciò, ovvero di essere, qui nella tem-
                  poralità, già nella condizione in cui Cristo fu dopo la resurrezione - allora
                  non c’è una vera, divina libertà, che scaturisce da una vera, divina luce,
                  ma c’è una libertà diabolica, naturale, iniqua, falsa e ingannata, che deriva
                  da una luce naturale, falsa e ingannata. Se non vi fosse la volontà propria,
                  non  vi sarebbe neppure appropriazione.  In cielo  non v’è niente di pro-
                  prio, e perciò là regnano la soddisfazione, la vera pace ed ogni beatitudi-
                  ne. E se vi si trovasse qualcuno che volesse appropriarsi di qualcosa, do-
                  vrebbe  subito  cadere  all’inferno  e  diventare  un  diavolo.  Infatti
                  nell’inferno ciascuno vuole avere la sua volontà propria, e perciò laggiù
                  regna la più totale infelicità. Lo stesso avviene nella temporalità. Se uno
                  nell’inferno  si  liberasse  dalla  volontà  personale  e  dall’appropriazione,
                  passerebbe subito dall’inferno al paradiso. Ora, nella temporalità, l’uomo
                  sta tra cielo e inferno ed è libero di volgersi a quello che vuole. Quanta
                  più appropriazione, tanto più inferno e infelicità; quanto meno di volontà
                  personale, tanto meno inferno e tanto più vicino al paradiso. E se in que-
                  sta  temporalità  l’uomo  potesse  essere  completamente  privo  di  volontà
                  personale e di appropriazione, vuoto e  libero per una vera luce divina,
                  perdurando in tale condizione, allora sarebbe sicuro del regno dei cieli.
                  Chi  ha,  vuole  o  avrebbe  volentieri  qualcosa  di  proprio,  appartiene  a  se
                  stesso: chi non ha, non vuole e non desidera niente di proprio, è libero e
                  non appartiene a nessuno.
                  Tutto quel che qui sta scritto, lo ha insegnato Cristo con una lunga vita,
                  ovvero trentatrè anni e mezzo, e con brevi parole, quando dice: «Segui-

                  mi!» (Mc 1,20). Ma chi lo vuole seguire deve lasciare tutto, giacché egli
                  aveva lasciato tutto, come mai fece o può fare creatura alcuna. Chi vuole
                  seguirlo deve anche prender su di sé la croce, e la croce non è altro che la



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