Page 44 - Teologia tedesca
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nell’Uno e per amore dell’Uno, dall’amore che si ha per l’Uno». Vedi, qui
                  deve esser assolutamente abbandonata e sparire ogni egoità, ogni legame
                  a ciò che è mio, ogni seità, ecc., così come è proprio di Dio, ad eccezione
                  di quanto appartiene alla Persona.
                  E quel che avviene in un uomo vero, divinizzato, sia in modo attivo che
                  in modo passivo, avviene in questa luce e in questo amore, a partire da
                  esso, tramite esso, di nuovo in esso. E qui si verifica e c’è una soddisfa-
                  zione e una pace, senza desiderio di sapere più o meno, di possedere, di
                  vivere, di morire, di essere o non essere, o che sia: tutto ciò diviene ed è
                  una sola identica cosa.
                  E qui ci si lamenta solo del peccato. Cosa esso sia, si è già detto, cioè vole-
                  re qualcosa di diverso dal bene semplice, perfetto, o dall’unica, eterna vo-
                  lontà, e volere senza e contro questo Uno, o questa unica, eterna volontà.
                  Ciò che ne deriva, come  menzogne, inganni,  ingiustizia, falsità ed ogni
                  vizio - in breve, quel che si chiama ed è peccato -, tutto questo deriva dal
                  fatto che si ha un volere diverso da quello di Dio e del vero bene. Infatti,
                  se non vi fosse volere diverso dall’Uno, il peccato non avverrebbe mai. E
                  perciò si può ben dire che ogni volere personale sia peccato e per niente
                  diverso da tutto quel che ne deriva. Questo soltanto viene lamentato in
                  un uomo vero, divinizzato, e lo è tanto e fa così male, che un tale uomo
                  non si lamenterebbe e non soffrirebbe a tal punto se dovesse subire cento
                  umilianti e dolorose morti. E ciò deve permanere fino alla morte del cor-
                  po. Se non è così, senza dubbio non si tratta di un uomo vero, divino o
                  divinizzato.
                  Dato  che  in  questa  luce  e  in  questo  amore  ogni  bene  viene  amato
                  nell’Uno, e l’Uno nel Tutto e in tutte le cose come Uno e come Tutto, così
                  si deve amare ciò che in verità ha un buon nome, come la virtù, l’ordine,
                  la razionalità, la giustizia, la verità, e simili. Viene qui amato e lodato quel
                  che appartiene a Dio e gli è proprio nel vero bene, mentre quel che gli è
                  contrario e rivolto altrove costituisce dolore e affanno e viene compianto
                  come peccato, giacché lo è in verità.
                  E quando viene amato da un uomo nella vera luce e nel vero amore, que-
                  sta è la vita migliore, più nobile e più degna che mai ci sia stata o possa
                  esserci. Perciò deve essere anche amata e lodata al di sopra di ogni vita.
                  Così fu ed è in Cristo in piena perfezione, altrimenti non sarebbe Cristo. E
                  questo amore, dal quale viene amata questa preziosa vita ed ogni bene, fa
                  sì che si compia o soffra volentieri, per quanto possa esser duro alla natu-
                  ra, tutto quel che ci càpita di dover fare o patire, e tutto quel che deve

                  comunque accadere. Perciò Gesù dice: «Il mio giogo è dolce e leggero il
                  mio fardello» (Mt 10,30). Ciò deriva dall’amore, che ama questa nobile vi-
                  ta. Lo si può constatare negli apostoli e nei martiri: essi soffrirono volen-



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