Page 8 - Sulla vita cenobitica o comune
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trattenuto di nascosto con l’intento di appropriarsene. Tutto è evidente e chiaro;
quel che è proprio di ciascuno è comune a tutti in virtù della comunione
dell’amore e dell’amore della comunione. Radunati nell’unico tempio, esultano
unanimi in Dio; chini tutti assieme sul libro di vita, leggono, meditano e
contemplano; attorno all’unica mensa si saziano dello stesso cibo. In quel luogo
in cui tutto attorno a loro è armoniosa quiete, si raccolgono assieme in se stessi,
e nessuno si dedica nella singolarità a opere che possano turbare o contrastare
la pace comune, l’obbedienza, l’ordine. Così è la felice, splendida società dei
cittadini del cielo che vivono in comunità. Noi che ancora ci troviamo su questa
terra dobbiamo tener sempre davanti agli occhi la loro esistenza, modello di
ogni vita comune: meriteremo di essere uniti a quella grande assemblea in una
familiarità tanto più grande quanto più fedele, per un dono dall’alto, sarà stata
da parte nostra l’imitazione della loro vita. Tutto ciò avverrà per la grazia del
Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito santo. Amen.
V. LA COMUNIONE DI NATURA O DI PECCATO
La comunione produce la vita comune. Ma la comunione può essere di natura,
di grazia e di gloria. Nella comunione dell’unica natura si raccoglie tutto il
genere umano, propagato da un unico capostipite assieme alla trasmissione del
peccato e disseminato per ogni dove man mano che cresceva il numero degli
uomini. A questa comunione di natura è annessa una certa comunione di colpa
e di collera. La natura infatti è viziata in radice, e si propaga assieme al vizio che
le è proprio, assieme alla colpa originale e alla collera originale. Per natura
infatti siamo figli della collera. Tutti siamo nati malvagi e miserabili. La macchia
del peccato ha a tal punto infettato la natura umana che questa non può essere
lavata né con la soda, né con la potassa, né con alcun altro genere di lavaggio o
di purificazione, ma solo nel sangue del Signore nostro Gesù Cristo nella cui
morte siamo stati battezzati: poiché quanti siamo stati battezzati, siamo stati
battezzati nella sua morte. La collera che è frutto dell’indignazione divina è
uscita da una giustizia fin allora nascosta, così come una freccia viene scoccata
dalla faretra; si è infissa a fondo nella natura umana, è giunta fino alle sue più
segrete interiorità e vi si è fissata tanto saldamente che nessuna forza può
estrarla se non la mano vigorosa di Dio onnipotente. Di questa freccia è detto
per bocca del profeta: «Ha conficcato nei miei fianchi la figlia della sua faretra».
Dio nell’amore geloso che viene dalla sua giustizia ha concepito indignazione
contro il peccato e ha dato sfogo alla sua collera. È questa la collera che pesa su
di noi fin dalla nostra nascita e di cui per natura siamo figli. È questa la figlia
della faretra, tratta fuori, come da faretra, dalla giustizia nascosta di Dio ove è
stata concepita per poi nascere in noi. La figlia della faretra ci è innata e
connaturata, quasi sorella uterina della nostra natura. Il profeta la dice nei suoi
fianchi: e dice bene, poiché là ha sede la concupiscenza, causa della malattia che
infetta la nostra natura.
Questa comunione di natura viziata, comunione in cui tutti veniamo uniti nella