Page 5 - Sulla vita cenobitica o comune
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l’amore non può non amare. L’amore è il fuoco, e amare è ardere. Il fuoco non si
                  trattiene entro se stesso, ma sembra muoversi con lo scopo di raggiungere in
                  continuazione  nuovi  territori  da  incendiare;  non  può  vivere  in  se  stesso,  ma
                  cerca di comunicare il proprio calore a ciò che tocca e incendia. Così l’amore,
                  per  un  impulso  che  non  può  rimanere  nascosto,  con  impazienza  brama
                  diffondersi, e riversare il bene di cui è ricco nell’altro ch’egli vuole amare di un
                  amore pieno, e metterlo in comune, e associare l’altro a sé nella comunione di
                  quanto  possiede.  Alla  luce  dell’amore  ogni  bene  appare  più  bello,  quando  è
                  messo in comune con intelligenza.


                                       II. LA COMUNIONE FRA GLI UOMINI,
                                                RIVELAZIONE DI DIO

                  Se si tratta di beni che sono sufficienti a chi ama come a chi è amato di un amore
                  pieno,la  carità  ama  la  comunione,  preferisce  avere  in  comune  con  l’amato
                  piuttosto che possedere da sola ciò che può essere sufficiente ad entrambi. Se si
                  tratta invece di beni che non sono sufficienti all’uno e all’altro, spesso la carità
                  sceglie  di  privarsene  per  non  privarne  l’amico:  questi  ha  bisogno,  essa  lo  sa,
                  della  sua  delicata  attenzione.  Nell’effonder  benefici,  infine,  la  carità  opera
                  sempre in modo che colui che è amato ami a sua volta e in tal modo non sia il
                  solo ad essere amato. Perché la carità, lo si è detto, sempre ama essere amata.
                  Non  basta  all’amante  l’amore  della  comunione  se  non  c’è  una  comunione
                  dell’amore: se desidera che tutti i suoi beni siano comuni, molto più vuole che
                  lo sia l’amore stesso. Non può l’amore non esser benevolo, odia esser solitario.
                  Nella  sua  debordante  prodigalità  cerca  di  far  nascere  dall’amore  della
                  comunione  una  comunione  dell’amore.  Come  potrebbe  l’amore  esser
                  benevolenza se cercasse di trattenere i suoi beni solo per sé e non volesse farne
                  oggetto  di  comunione?  Dove  sarebbe  la  consolazione  dell’amante  se  lui  solo
                  non  fosse  amato  e  lui  solo  amasse?  È  scritto:  «Guai  a  chi  è  solo».  L’amore
                  solitario  è  tormento  a  se  stesso  e  finisce  per  odiarsi,  perché  non  può  esser
                  solitario, non può esser privo di reciprocità. Incapace com’è di fare a meno della
                  propria  benevolenza,  che  è  la  sua  stessa  natura,  non  può  non  amare  la
                  comunione del bene fino alla comunione di se stesso. Alla carità che è in noi
                  sono inseparabilmente unite due realtà, che costituiscono il suo più essenziale
                  desiderio:  l’amore  messo  in  comune  e  la  comunione  dell’amore.  Se  l’uno  o
                  l’altro  manca,  la  carità  ancora  non  conosce  la  beatitudine:  e  null’altro  che  la
                  beatitudine essa cerca nella comunione del bene e nella comunione di sé. Ma se
                  vi è il bene messo in comune e non l’amore, alla carità manca qualcosa di cui
                  essa richiede la presenza. Se l’amore è messo in comune e non il bene, alla carità
                  manca  pure  qualcosa  di  cui  essa  non  può  accettare  l’assenza.  È  solo  così  che
                  queste due realtà operano nella carità che è nostra, che è in noi, che è fra di noi.
                  In virtù di questa carità non siamo certamente ancora nella piena beatitudine,
                  ma siamo in attesa di esser resi beati in futuro, nella comunione con il Sommo
                  Bene che tutti sazierà e nella comunione del reciproco amore per il quale nulla
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